News su migranti e sbarchi in Italia
20 Dicembre 2024
15:49
La Corte di Cassazione ha stabilito che i giudici non possono “sostituirsi” al ministro degli Esteri quando si parla di quali Paesi siano sicuri. Ma hanno comunque il diritto di non applicare le indicazioni del governo se, in casi specifici, per una persona migrante uno Stato non è sicuro. La sentenza ha acceso il dibattito tra destra e sinistra, che hanno entrambe reclamato di aver avuto ragione.
Immagine di repertorio
È arrivata una delle prime decisioni giuridiche che riguardano la spinosa questione dei Paesi sicuri, e che aiuteranno a chiarire fino a dove possa spingersi un giudice nello stabilire che uno Stato non è sicuro per una persona migrante, anche se il governo l’ha inserito in un elenco di Paesi sicuri. La Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha risposto al rinvio pregiudiziale che il Tribunale di Roma aveva sollevato a luglio. In estrema sintesi, ha chiarito che i giudici non possono disapplicare la lista dei Paesi sicuri stilata dal governo ‘erga omnes’, cioè per tutti e in tutti i casi, ma solamente in casi specifici.
Non si tratta della – più attesa – sentenza sul ricorso del ministero dell’Interno contro i giudici che hanno bloccato i trattenimenti nei centri migranti in Albania. Ma inizia a mettere alcuni paletti, aspettando che nei prossimi mesi la Corte di giustizia europea si esprima e dia un’interpretazione ‘definitiva’.
Cosa dice la sentenza della Cassazione
La sentenza si riferisce a luglio, quindi a prima che il governo varasse il decreto Paesi sicuri. Per questo, i giudici parlano ancora del vecchio decreto ministeriale che riportava la lista dei Paesi considerati sicuri, e che invece oggi è stato sostituito da un decreto legge. Il caso specifico su cui doveva decidere il Tribunale di Roma, prima di rivolgersi alla Cassazione, era quello di un giovane tunisino. La Tunisia, secondo i difensori del ragazzo, non avrebbe più i requisiti per essere inserito nella lista dei Paesi sicuri.
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La Cassazione ha chiarito che però “il giudice ordinario (…) non può sostituirsi al ministro degli Affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”. Insomma, non basta la decisione di un giudice per escludere un Paese dalla lista, perché la “scelta politica” di avere delle procedure di asilo accelerate per chi viene da certi Stati è “riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare”.
Tuttavia, il giudice ha il dovere di “tutelare i diritti fondamentali del richiedente asilo”. Perciò, di fronte a un ricorso può eventualmente “disapplicare (…) il decreto ministeriale recante la lista dei Paesi sicuri”. Questo può succedere “in via incidentale”, in casi specifici, se la scelta del governo sullo Stato considerato sicuro in quel caso “contrasta in modo manifesto” con la definizione di Paese sicuro. Più in generale, il giudice ha un “potere cognitorio” se la persona migrante dimostra “l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui si trova”. In quel caso, “la valutazione governativa circa la natura sicura del Paese di origine non è decisiva”.
Bonelli: “Smascherata arroganza del governo”, FdI: “Conferma ciò che dicevamo”
La Cassazione ha chiarito che ci sono dei limiti da entrambe le parti: sia ai poteri del giudice, sia a quelli del governo. Anche per questo, forse, esponenti sia di destra sia di sinistra hanno rivendicato un successo. Angelo Bonelli, di Avs, ha affermato che la sentenza “smaschera per l’ennesima volta l’arroganza del governo Meloni”, e Riccardo Magi di +Europa ha aggiunto: “Un Paese non può essere definito sicuro solo perché Salvini ci è stato una volta in vacanza in un resort, ma se vengono garantiti i diritti e le libertà dei suoi cittadini”.
Al contrario, il nuovo capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami ha dichiarato: “Si conferma quello che noi diciamo dall’inizio, i magistrati non si possono sostituire al ministero degli Esteri nel valutare quali siano i Paesi sicuri”. La responsabile Immigrazione di FdI, la deputata Sara Kelany, ha detto che la sentenza ha “stabilito che sia la politica deputata ad individuare i Paesi sicuri e la magistratura a decidere sui casi concreti”.