«Trasferiremo parte del nostro organico presso le filiali estere, se i dipendenti saranno disponibili». «Faremo le prossime assunzioni presso le sedi del Nord». C’è alta tensione tra le imprese del Mezzogiorno: il 31 dicembre di quest’anno scadrà l’incentivo della Decontribuzione Sud e non è ancora chiaro se verrà rinnovato, sostituito con altra misura o lasciato cadere. Le rassicurazioni da parte del Governo a Confindustria _ che da parte sua chiede una soluzione _ non sono mancate. Di proroga della decontribuzione per le Pmi del Sud ha parlato anche la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone (si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 16 dicembre), facendo riferimento all’emendamento alla legge di bilancio che ne prevede la conferma per le piccole e medie imprese. Ma le preoccupazioni restano, soprattutto tra quelle più grandi.

«Se il Governo è consapevole che il Mezzogiorno oggi è il vero motore del Paese _ dice Francesco Somma, presidente di Confindustria Basilicata _ questo Mezzogiorno non deve essere penalizzato e rallentato con la cancellazione di una misura di sostegno che ha dato buoni risultati. E per la Basilicata, colpita dalla grave crisi dell’auto, che ora cerca piani di riconversione, è quantomai importante poter essere attrattiva di investimenti anche di grandi imprese».

L’emendamento salva le Pmi

Per le piccole e medie imprese l’emendamento alla Legge di Bilancio prevede che «al fine di mantenere i livelli di crescita occupazionale nel Mezzogiorno e contribuire alla riduzione dei divari territoriali, è riconosciuto a favore dei datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), limitatamente alle micro, piccole e medie imprese che occupano lavoratori a tempo indeterminato nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L’agevolazione di cui al presente comma è concessa nei limiti del Regolamento (UE) 2023/2831, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «in regime de minimis». Quindi la soluzione sarebbe a portata di mano. Anche se per ora è previsto un decalage della percentuale di sostegno negli anni.

Servirebbe il via libera di Bruxelles

Ma, per quanto riguarda le grandi imprese (quelle con più di 250 dipendenti), la riproposizione di una misura di decontribuzione ha bisogno del via libera di Bruxelles, non potendo rientrare nel regime de minimis. E non è facile che possa essere riproposta. «L’ex ministro Fitto _ ricorda Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Unione industriali di Napoli _ ha chiaramente annunciato che la misura non era rinnovabile poiché si configura come aiuto di Stato. Ma la ratio non ci è chiara. Abbiamo bisogno di maggiore chiarezza e di fronte a questa chiusura, c’è bisogno di un sostegno alternativo».

L’avvicinarsi della scadenza (ormai imminente) induce a fare simulazioni e a prendere contromisure. «Stimiamo un aumento del costo del lavoro fino al 70% _ calcola Luigi Semidai, direttore marketing e commerciale della Impes Service di Ferrandina (Matera) _ Abbiamo 300 dipendenti, avendo fatto numerose assunzioni al Sud negli ultimi anni, proprio sulla scorta della decontribuzione. D’ora in avanti, sarà difficile sostenere l’attuale costo del personale, con il venir meno degli incentivi, ci troveremo costretti a spostare forza lavoro nelle sedi estere, sempre che ci sarà la disponibilità dei dipendenti a trasferirsi». E Vittorio Genna, co-fondatore e vicepresidente di Ala, azienda specializzata nella logistica per l’aerospazio, aggiunge: «Riteniamo che, senza decontribuzione sud, il costo del lavoro per il nostro gruppo aumenterà tra il 15 e il 25%. In questi giorni stiamo rivedendo i programmi di assunzioni e formazione spostandoli dal Sud al Nord del Paese».

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