Il caso Sala sarebbe stato comunque protagonista questa mattina della conferenza stampa di Giorgia Meloni. Così come il rapporto con Donald Trump e la sua visita recente a Mar-a-Lago, assieme agli interrogativi sulla presunta trattativa con Elon Musk sull’acquisto di Starlink, il sistema satellitare di proprietà dell’imprenditore sudafricano. E certo non sarebbero mancati e non mancheranno gli interrogativi sul recente addio di Elisabetta Belloni dal Dis. Quello che però è accaduto nelle ultime ventiquattr’ore cambia completamente il contesto in cui la premier risponderà alle 40 domande che i giornalisti le porranno.
La vittoria nel caso Sala
Alla conferenza di fine anno, slittata a inizio 2025, la presidente del Consiglio arriva con l’aura della vincitrice, il viso soddisfatto e quel sorriso che dice: «Ci sono riuscita io, nessun altro». Una partita giocata in prima persona e non senza rischi. Meloni ha scommesso di uscire dal faccia a faccia con Trump con il via libera del prossimo Presidente Usa alla soluzione del caso Sala. Che è arrivata giusto alla vigilia dell’appuntamento più importante con i media.
La contropartita con l’Iran
Le difficoltà comunque non mancheranno. A partire dal destino dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi e delle eventuali contropartite che saranno certo tra i punti su cui sarà chiamata a dare spiegazioni. La smentita infastidita sulla trattativa con Musk è stata di fatto bruciata dallo stesso tycoon proprietario di X. Meloni è probabile che insisterà nell’evidenziare che non c’è alcun accordo ma che comunque il problema della copertura è reale e va affrontato come ha detto anche il ministro della Difesa Guido Crosetto. Quanto al rapporto con il futuro presidente Usa ribadirà che la relazione tra Italia e Stati Uniti prescinde da chi sia alla Casa Bianca. È saltato invece l’ultimo incontro con Joe Biden, atteso sabato a Roma per la seconda visita in Vaticano da Papa Francesco ma cancellata per gli incendi che stanno devastando la California.
I rapporti in Europa
A tenere banco sarà ovviamente anche il rapporto con Bruxelles e le alleanze in Europa. Meloni finora si è mossa abilmente su più fronti e viene vista – soprattutto da Ursula von der Leyen – come un canale per dialogare con Trump. Il tema dei dazi resta centrale. Così come quello dell’automotive. Senza dimenticare la Difesa e la Nato. Per il futuro Presidente Usa la spesa deve raggiungere il 5% del Pil. Un traguardo impossibile. Soprattutto per l’Italia ancora lontana anche dal 2%. A chi glielo chiederà è probabile che la premier risponderà rilanciando il leit motiv sullo scorporo della spesa per la Difesa. Quanto alla legge di Bilancio appena approvata, se ci sarà tempo lo dedicherà a rivendicare la conferma del taglio del cuneo fiscale e dello sconto Ires per le imprese. I mugugni degli alleati per il momento restano sullo sfondo. La liberazione di Cecilia Sala lo ha oscurati.