In Italia nel 2024 sono stati aperti 51 nuovi McDonald’s e nei prossimi anni l’intenzione non sembra essere quella di togliere il piede dall’acceleratore: il target è superare quota 900 ristoranti per fine 2027 rispetto ai 755 di fine 2024.
«Se questo obiettivo sarà raggiunto stimiamo che saranno stati investiti sul territorio 800 milioni di euro – dice a Food24 Giorgia Favaro, ad di McDonald’s Italia – per la maggior parte destinati all’acquisto dei terreni e alla costruzione dei singoli ristoranti, tutti basati su standard di alta efficienza energetica e sostenibilità».

Ai licenziatari del franchising (attualmente sono 163 e gestiscono il 90% della rete) spetta invece in genere il costo degli arredi e dei macchinari. «Gli 800 milioni vanno ad aggiungersi ai 235 milioni spesi lo scorso anno – aggiunge l’ad – e va anche tenuto presente che il 10% circa degli investimenti sono destinati a rinnovare la rete esistente».

Spazi di crescita per i fast food in Italia

Un segnale di fiducia in un momento in cui i consumi fuori casa stanno mostrando segnali di debolezza per la perdurante crisi. Le catene sembrano soffrire però meno, probabilmente anche perché si collocano in una fascia di prezzo più bassa delle media. E “il Mc” vuole continuare a essere un punto di riferimento in un mercato che ha ancora spazio di crescita per fast food e casual dining, come dimostrano le molte aperture (con un’offerta differenziata) degli ultimi anni.

«Se si considera che le ultime 150 aperture sono avvenute nell’arco di quattro anni e non di tre come invece prevediamo per il futuro, si comprende come ci sia un’accelerazione nei piani di crescita. Naturalmente conduciamo accurate analisi per capire dove si concentra la potenziale nuova utenza e a volte siamo noi ad anticipare l’apertura di nuovi centri commerciali – continua Favaro –. Lo scorso anno abbiamo aumentato la presenza al Sud e in provincia, anche e il maggior numero di inaugurazioni è stato in Lombardia (9, ndr). Crediamo quindi ci siano ancora molte potenzialità di sviluppo in Italia, dove le catene quick service non coprono più del 10% degli esercizi contro il 26% dell’Europa».

Marginalità sotto pressione

Qual è stato l’effetto dell’aumento dei costi sulla marginalità di una catena che per sua mission deve cercare di non alzare troppo i prezzi? «Sicuramente ha avuto un impatto, ma dobbiamo guardare al medio-lungo periodo – risponde l’ad – e per noi è fondamentale mantenere la possibilità di accesso alle famiglie a un servizio di qualità. Abbiamo tra l’altro rafforzato la piattaforma cosiddetta “salva euro” con proposte di menu a prezzi bassi. Ci sono poi le offerte veicolate in modo dinamico grazie alla nostra app, che è la più scaricata tra quelle del settore e da cui si può direttamente ordinare e pagare. Continueremo a investire anche sul fronte tecnologico, fa parte del nostro Dna in un’ottica di semplificazione del servizio. Speso siamo stati pionieri in questo campo e vogliamo continuare a esserlo anche per quel che riguarda la linea produttiva e di back office».

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