Mark Carney, il nuovo primo ministro canadese, è un neofita della politica, vantando invece una carriera pluridecennale nel mondo della finanza, dove ha guidato governi attraverso crisi globali e periodi di forte instabilità. Un background che potrebbe rivelarsi un vantaggio in un contesto in cui il Canada si trova a fronteggiare un crescente scontro economico con gli Stati Uniti.

Carney è stato eletto domenica alla guida del Partito Liberale canadese in vista delle elezioni federali previste per la fine dell’anno. Pur non essendosi mai candidato a una carica elettiva prima d’ora, il suo nome circolava da anni nei corridoi della politica canadese. I Liberali lo corteggiavano da oltre un decennio e aveva già collaborato con Trudeau per delineare la ripresa economica del Paese dopo la crisi post-pandemica. Tuttavia, solo dopo l’annuncio delle dimissioni di Trudeau, avvenuto lo scorso gennaio, ha ufficializzato il suo ingresso in politica. Una situazione insolita: diventerà primo ministro senza aver mai ricoperto un seggio parlamentare.

Nato a Fort Smith, nei Territori del Nord-Ovest, e cresciuto a Edmonton, Alberta, Carney proviene da una famiglia di insegnanti. Come molti canadesi, ha giocato a hockey da giovane, ricoprendo il ruolo di portiere. Dopo una laurea in economia ad Harvard, ha conseguito un master e un dottorato all’Università di Oxford.

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Anche la sua carriera ha avuto un respiro internazionale: ha lavorato per 13 anni in Goldman Sachs, spostandosi tra Londra, Tokyo, New York e Toronto. Nel 2003 è entrato nella Banca del Canada, di cui è diventato governatore nel 2008, proprio mentre il mondo precipitava nella Grande Recessione. Durante la campagna per la leadership liberale, ha evidenziato il ruolo chiave avuto in quella fase critica, sottolineando come le sue decisioni abbiano contribuito a proteggere posti di lavoro e stabilizzare l’economia canadese.

Il suo operato ha attirato l’attenzione anche all’estero: terminato il mandato quinquennale alla guida della Banca del Canada, è stato chiamato alla Banca d’Inghilterra, diventando il primo governatore non britannico nella storia dell’istituto. Durante il suo mandato ha affrontato un’altra tempesta economica: la Brexit. Ha lasciato la Banca d’Inghilterra nel 2020, dopo quasi sette anni alla guida.

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