Auto: -20,7%. Difficile, in queste condizioni, che con una tale caduta dei ricavi di questo comparto la media generale risulti brillante. E infatti non lo è, con i ricavi della manifattura che a ottobre su base annua sono in frenata del 5,3%, 19esimo calo consecutivo. La parte del bicchiere mezza piena è l’aumento dello 0,5% del fatturato rispetto al mese precedente, crescita che riguarda anche i volumi. Si tratta però dell’unica indicazione positiva, magra consolazione in un quadro mediamente depresso, che nei dati Istat vede l’ennesima manifestazione di debolezza. Con l’ultimo dato positivo, su base annua, risalente a marzo del 2023, solo un poco meglio rispetto alla produzione, che invece è già arrivata a 21 mesi consecutivi di “rosso”. Il bilancio dei primi dieci mesi dell’anno, più solido rispetto all’andamento mensile, vede comunque un calo dei ricavi manifatturieri del 4,3%, che si riduce ad una flessione di tre punti eliminando l’effetto-prezzi e tenendo conto solo dei volumi.

Guardando al dato annuo, a frenare le medie, oltre all’auto, è comunque una riduzione dei ricavi ad ampio spettro, che riguarda tra l’altro macchinari (-6%), prodotti in metallo (-8%), pelle (-10%), tessile e chimica (-6%).

Se il recupero mensile di ottobre (dopo cinque mesi di flessione) è un segnale interessante, che segue peraltro in modo diretto l’aumento degli incassi legati all’export, in crescita annua dell’1,6% per effetto della ripresa di Germania e Francia, diverso è l’andamento della produzione, che anche ad ottobre continua a registrare dati non brillanti: crescita zero nel dato mensile, -3,6% nel confronto annuo. Il che, partendo dall’1 febbraio 2023, porta a 689 i giorni consecutivi di frenata dell’industria. Dati non brillanti, quelli della manifattura, che vanno ad influenzare anche le rilevazioni qualitative, come confermato dagli indici di fiducia rilevati a dicembre. L’indice dei consumatori flette passando da 96,6 a 96,3 e se  l’indicatore delle imprese è stimato in aumento (da 93,2 a 95,3), lo si deve solo ai servizi, mentre cedono terreno costruzioni e manifattura. Manifattura in cui restano negative le attese sulla produzione, mentre i giudizi sugli ordini, dove il saldo è sempre negativo, sono in lieve peggioramento. 

Attese più brillanti nei servizi che riflettono un andamento più tonico nei ricavi, con una crescita mensile di due punti, del 2,8% annuo. Progresso che coinvolge il comparto quasi a tutto tondo in più aree: dal turismo ai trasporti, dalla ristorazione al commercio. Crescita che tuttavia non basta per spostare in modo significativo le stime sul Pil, che piuttosto, se modificate, in questa fase vengono limate al ribasso.

Come ha fatto Prometeia, che ha ridotto allo 0,5% i progressi del Pil nazionale per l’anno in corso, fornendo una stima analoga per il prossimo. Determinante è la stasi degli investimenti (Istat stima un avanti adagio nel 2024 e una crescita zero nel 2025), che pagano da un lato l’incertezza geopolitica e la limitata riduzione dei tassi di interesse; dall’altro vedono però un freno evidente nella lunga attesa di Transizione 5.0, misure ritardate e complesse che hanno avuto come risultato il congelamento del mercato interno dei macchinari, in caduta di oltre cinque miliardi nel corso del 2024.

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