Kampala (Uganda) – L’assedio terroristico è in atto da anni. Quello economico è scattato alcune settimanefa, ma sta già facendo vacillare la giunta di Bamako. Nei giorni scorsi Stati Uniti e Italia hanno chiesto ai propri cittadini di abbandonare immediatamente il Mali, sprofondato nell’ultimo capitolo della sua crisi con la paralisi dei rifornimenti di benzina inflitto quasi due mesi fa da Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim): un gruppo islamista affiliato ad Al-Qaeda e in conflitto con la giunta militare che governa Bamako dai tempi del doppio golpe di 2020 e 2021.
Secondo una stima riportata dall’agenzia Associated Press, i miliziani hanno dato fuoco a più di 100 camion e paralizzato l’afflusso di carburante nella capitale, con ricadute crescenti sull’accesso all’elettricità e le condizioni di sicurezza di uno dei Paese martoriati dalla spirale di violenze che ha eletto il Sahel a epicentro africano e globale del terrorismo.
La spirale di Mali e Sahel
Il Mali, quasi 24 milioni di abitanti stimati su un territorio grande oltre quattro volte l’Italia, è incastrato nello stesso botta e risposta fra ascesa terroristica e reazione golpista vissuto dai vicini di casa di Burkina Faso e Niger fra 2022 e 2023. L’attuale giunta guidata dal generale Assimi Goïta è salita al potere con l’obiettivo dichiarato di sradicare le violenze terroristiche, affidandosi anche a rapporti con i contractors allora nel perimetro del gruppo russo Wagner (oggi ribattezzato Africa Corps, anche se i confini fra i due sono più sfumati di quanto si potrebbe dedurre dalla dichiarazioni del Cremlino).
I bilanci umanitari hanno rivelato in maniera sempre più chiara l’inadeguatezza della strategia della giunta. Il Global terrorism index, un rapporto del centro studi Insitute for economics and peace, registrava nel solo 2024 604 vittime in 201 attacchi, anche se in flessione del 21% rispetto all’anno precedente. Le violenze dei miliziani si intrecciano e alimentano con quelle imputate alle forze di sicurezza nazionali e ai mercenari russi, fra stragi traumatiche come il massacro di 300 civili nella località di Moura nel 2022 o l’umiliazione incassata nella sconfitta con i Tuareg nell’estate del 2024.
La vulnerabilità della giunta militare
La fragilità dell’esecutivo maliano ha dato una prova di sé anche più evidente con l’incapacità di scardinare il blocco «energetico» dispiegato dai miliziani all’inizio di settembre e a tutt’oggi in vigore, con ricadute insidiose sulla tenuta di Bamako. Il blocco varato sulle forniture sta costando sospensioni dell’elettricità e una fiammata inflazionistica che incombe su un’economia nel vivo delle riforme «sovraniste» della giunta con l’estromissione di investitori e multinazionali estere dal settore estrattivo. L’emittente qatariota al Jazeera ha calcolato un rialzo del 500% del prezzo del litro di benzina, un balzo dai 25 ai 130 dollari americani.
