C’è una parola che sta entrando prepotentemente nelle conversazioni degli imprenditori e dei manager italiani ed è la parola incertezza. Da sempre temuta come la nemica per eccellenza di chi fa impresa, l’incertezza è ormai un elemento con cui le aziende devono fare i conti quotidianamente e richiede come tale risposte e strategie ad hoc. «Le imprese hanno sempre lavorato sul risk management, perché i rischi si possono prevedere, si può fare una valutazione dell’impatto e dunque capire come prepararsi e come rispondere con un’analisi oggettiva della situazione. L’incertezza, invece, non può essere misurata: non è mappabile né prevedibile e richiede pertanto flessibilità e rapidità nella risposta», spiega Marco Daviddi, managing partner di EY-Parthenon in Italia, commentando i risultati dell’ultimo EY Parthenon Bulletin, relativo ai primi 9 mesi dell’anno, realizzato intervistando oltre 1.200 manager a livello mondiale.

L’incertezza frena gli investimenti

L’incertezza si riflette inevitabilmente nelle decisioni di investimento delle aziende, comprese le operazioni di M&A: «Di fronte ad uno scenario incerto, trasformazione tecnologica e riorganizzazione della produzione in mercati target per evitare i dazi si consolidano come priorità», si legge nello studio. Il 28% dei ceo intervistato in Italia dichiara di aver messo in pausa o ridotto gli investimenti (contro l’8% a livello globale), prendendo tempo per poter analizzare meglio e con più chiarezza le opportunità sui mercati e i possibili impatti delle nuove tecnologie.

«Un atteggiamento attendista che si può leggere anche in chiave positiva – osserva Daviddi -: le aziende italiane sono consapevoli che stiamo vivendo una fase di trasformazione e che servirà un po’ di tempo per tornare a un nuovo equilibrio». Vale per la situazione geopolitica e per quella commerciale: l’introduzione dei dazi statunitensi – percepiti come un elemento che avrà effetti sul lungo termine – ha imposto riflessioni importanti sulla necessità di riorganizzare le attività produttive. Alcune aziende stanno considerando di spostare gli investimenti su nuovi mercati, altre stanno invece valutando l’ipotesi di portare almeno parti della produzione (ad esempio quelle finali, di assemblaggio) negli Stati Uniti.

M&A: stabili i volumi nel 2025

Eppure, si legge nel Bulletin, i volumi degli M&A operati da aziende italiane rimangono sostanzialmente stabili nei primi nove mesi dell’anno, con un recupero nel terzo trimestre, che ha compensato il calo dei primi sei mesi: tra gennaio e settembre sono state annunciate 958 operazioni (contro le 1.068 dello stesso periodo 2024), per un valore totale di 57 miliardi di euro, in linea con l’anno scorso, grazie soprattutto alla realizzazione di «megadeal», ovvero operazioni con valore superiore a 1 miliardo di euro. «

La metà degli intervistati ha infatti ben chiaro che il contesto di incertezza richiede capacità e rapidità di adattamento e che dunque occorre accelerare i processi di trasformazione, in due direzioni soprattutto: innovazione tecnologica e diversificazione dei marcati. «Questo può avvenire investendo su linee interne, ma sempre di più le aziende decidono di accelerare la trasformazione attraverso M&A per acquisire competenze oppure cedendo asset per ottenere liquidità da investire», spiega Daviddi.

Condividere.
Exit mobile version