Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse, l’Italia ha avuto il calo dei salari reali maggiore tra i grandi Paesi. I salari nominali sono aumentati, ma non abbastanza in confronto all’impennata dell’inflazione. La crescita minima degli stipendi non basta per restare al passo con l’aumento dei prezzi. Solo tra il 2021 e il 2022 il valore degli stipendi è sceso del 7,3%.

Tra i grandi Paesi Ocse, l’Italia è quello che ha registrato il maggior calo dei salari reali. Lo afferma proprio l’Ocse – l’organizzazione che riunisce le economie industrializzate – nel suo ultimo rapporto.  Si legge che tra le grandi economie l’Italia è il Paese in cui gli stipendi rapportati ai prezzi (i salari reali appunto) sono diminuiti di più. C’è stato un calo del 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021. La principale causa della perdita di potere d’acquisto degli italiani è l’impennata dell’inflazione, scaturita dalla guerra in Ucraina e proseguita con il rialzo dei prezzi energetici.

Salario reale, si guadagna meno che nel 1990

In Italia il declino del salario reale (l’indicatore che meglio misura il potere d’acquisto di un cittadino) è drammatico: secondo i dati Eurostat c’è stato un regresso persino rispetto al 1990. Già quattro anni fa si registrava un calo del 2,9% del salario reale italiano nel periodo dal 1990 al 2020. Nel 2022 c’è stato un calo ulteriore rispetto all’anno precedente del 7,3%.

Analizzando il periodo tra il 2019 e il 2022, il salario medio annuo di ogni lavoratore italiano è diminuito di circa mille euro. In altri termini: se nel 2019 lo stipendio medio era di circa 43mila euro, nel 2022 è sceso a 42mila euro. Nel triennio quindi l’Italia ha registrato una diminuzione complessiva del -3,4% nei salari. Questo ha reso l’Italia uno dei Paesi con la più bassa crescita salariale in Europa. Solo in otto Stati dell’Ue l’aumento degli stipendi ha compensato la perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Tra questi non c’è l’Italia.

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Valore reale degli stipendi: nessuno dei grandi Paesi ha fatto peggio dell’Italia

Quanto agli stipendi nominali, l’aumento maggiore lo mette a segno la Francia, con un rialzo del 5%. In Germania e nella Repubblica Ceca, il valore degli stipendi è cresciuto rispettivamente del 2,7% e del 4,4%. Anche in Italia gli stipendi sono cresciuti, ma solo dell’1,1%: non abbastanza per evitare il calo nel valore reale dei salari.

Le cose non migliorano se si prende in considerazione solo l’ultimo periodo, nello specifico il terzo trimestre del 2023. In quei mesi il report dell’Ocse registra un aumento medio degli stipendi dell’1,4% nei 35 Paesi analizzati. Di questi, 25 sono stati protagonisti di una crescita nel valore degli stipendi. L’Italia fa parte dei restanti dieci paesi in cui gli stipendi non sono cresciuti ma è anche uno dei tre stati (con Slovacchia e Repubblica Ceca) in cui il trend è in miglioramento rispetto ai due trimestri precedenti.

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