Nonostante i dazi e, forse, un po’ a sorpresa, l’export alimentare italiano potrebbe chiudere l’anno senza particolari contraccolpi negativi. E questo soprattutto grazie al vero e proprio boom di acquisti di wine and food made in Italy effettuato dagli importatori americani prima dell’introduzione dei dazi del presidente Trump. Una proiezione in tal senso è stata diffusa nei giorni scorsi da Nomisma relativamente al solo vino. E una stima analoga è contenuta anche nell’analisi congiunturale diffusa dall’ufficio studi di Federalimentare ai propri associati.

«Si stima – scrive l’ufficio studi dell’associazione delle industrie alimentari italiane – che negli ultimi cinque mesi dell’anno il fatturato raggiunto dall’export del nostro “food and beverage” non verrà intaccato in modo significativo, ma rallenterà il suo tasso di crescita tendenziale rispetto agli stessi mesi 2024, avvicinandosi alla parità. In definitiva, il +8,7% fatto segnare dall’export di settore sul mercato Usa nel primo quadrimestre 2025 (spinto dalla corsa alle scorte da parte degli importatori Usa ndr) dovrebbe man mano perdere la propria spinta limitandosi a consuntivo a lasciare sul terreno qualche punto».

Scampato pericolo quindi? Più verosimilmente i problemi sono solo rinviati. «Il dato relativo all’export di settore registrato nel primo quadrimestre dell’anno – commenta il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino – è influenzato da una dinamica di accaparramento di scorte da parte degli importatori statunitensi. Questa corsa agli acquisti, superiore al fabbisogno reale, compenserà l’effetto dei dazi, il cui pieno impatto però lo potremo leggere solo il prossimo anno. Sono certo – prosegue Mascarino – che gli imprenditori italiani dimostreranno la loro consueta capacità di reazione diversificando le esportazioni verso altri paesi. Tuttavia, è importante essere realisti. Non è plausibile pensare di poter sostituire il mercato statunitense in tempi brevi e l’accesso a nuovi mercati richiederà un impegno strategico e tempi di attuazione medio lunghi.

La principale leva da azionare, in questo scenario complesso, è senza dubbio il potenziamento delle azioni promozionali sui mercati più promettenti, supportato da una strategia unitaria di Sistema Paese. In quest’ottica, accogliamo con grande favore il nuovo assetto della Farnesina, che con la recente riforma ha rafforzato il proprio ruolo a sostegno della crescita e delle imprese».

«La vera penalizzazione legata ai dazi – ha rilevato ancora l’ufficio studi Federalimentare – sarà legato al freno alla “capacità espansiva” dell’export alimentare oltre Atlantico. E questa non è una previsione minimalista. Al contrario, prefigura comunque un danno strategico importante. Basti pensare che, nell’ultimo decennio, la crescita complessiva dell’export dell’industria alimentare italiana è stata pari al +109,1% ed è stata trainata dalla crescita dell’export negli Stati Uniti che nello stesso periodo ha fatto segnare un +160,6%. I dazi penalizzeranno quindi questa spinta propulsiva».

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