«L’ambizione è di aprire un confronto aperto sul lavoro. Occorre mettere in moto sfide ampie, che coinvolgano diversi soggetti, associazioni, istituzioni, imprese, se vogliamo creare una sinergia per costruire un pensiero che possa aiutarci a stare di fronte a questa situazione paradossale in cui abbiamo il tasso di occupazione più alto, ma anche di insoddisfazione generale». Il presidente della Compagnia delle Opere, Andrea Dellabianca, nelle scorse settimane ha presentato il Manifesto del buon lavoro al Senato, richiamandolo poi nella sua audizione in Commissione Bilancio alla Camera. Non sono che le prime due tappe per la diffusione del documento. «Ci sarà un ciclo di incontri sul territorio per fare maturare il manifesto coinvolgendo anche altri attori. La nostra è una proposta, nata in maniera un po’ provocatoria. Siamo un’associazione che non firma contratti di lavoro e quindi siamo abbastanza liberi di esprimerci. Abbiamo dato la disponibilità a partecipare ai tavoli di discussione del ministro del Lavoro Marina Calderone per portare il nostro contributo al cambiamento e all’evoluzione del mondo del lavoro», dice Dellabianca. Il lungo percorso che attende il Manifesto del buon lavoro porterà dritti al Meeting di Rimini del prossimo agosto dove il tema sarà al centro di numerosi incontri. Del resto, la vita ci presenta il lavoro come una componente irrinunciabile della nostra quotidianità, ma dobbiamo fare in modo «di ricondurre le persone su una traiettoria di crescita e positività», osserva Dellabianca.

Il dato da cui parte la riflessione è l’aumento del 18% delle malattie professionali legate a disturbi psichici nel primo trimestre del 2024 rispetto al 2023. Molte le cause: un clima lavorativo deteriorato, difficoltà nelle relazioni tra colleghi e responsabili, poche occasioni di vero coinvolgimento e partecipazione nelle imprese, difficoltà nel gestire il rapporto tra vita lavorativa e familiare, retribuzioni stagnanti e senza logiche premiali, eccessivo divario salariale tra uomo e donna e scarsa offerta di welfare aziendale. Sono tutti temi che secondo Dellabianca devono entrare nel grande dibattito dei prossimi mesi. «Come Compagnia delle Opere non vogliamo dare una ricetta finale ma provare a dire la nostra e avviare una discussione aperta. Stiamo passando da un’economia finanziaria a un’economia sostenibile, non solo riferita al tema ambientale, ma che metta al centro la persona con tutte le sue necessità e i suoi bisogni», afferma Dellabianca. Uno spunto forte arriva, per esempio, dal ribaltamento tra imprese e candidati nei colloqui di lavoro. «Ormai sono più i ragazzi che interrogano l’azienda e non viceversa. Questo per noi è molto positivo perché significa che le persone vogliono sapere a cosa stanno contribuendo, quali sono i valori dell’azienda dove andranno a lavorare rispetto a molteplici temi che vanno dall’ambiente al sociale», interpreta Dellabianca.

Se la grande sfida che ci aspetta è la crescita dell’economia e della produttività, il Manifesto del buon lavoro la riconduce oltre che su un piano puramente economico anche su un piano etico. I due piani sono legati e non possiamo immaginare che «con un alto livello di insoddisfazione ci possa essere un aumento della produttività. Bisogna cercare di ricondurre tutti in una traiettoria di crescita, anche dei contenuti del lavoro e delle competenze. Questo significa formazione continua sia attraverso le Academy interne che le grandi imprese hanno creato, ma anche valorizzazione del legame delle imprese con la formazione professionalizzante, penso agli Its, e universitaria», continua Dellabianca. Ma anche «al nuovo istituto tecnico 4 più 2 che è una novità positiva con cui si rinsalda il legame tra le aziende e il mondo dell’istruzione e si aiuta a creare consapevolezza sulle competenze necessarie nel mercato del lavoro». Competenze che però vanno trasferite in modo da ingaggiare le persone. Dellabianca fa l’esempio di un corso per saldatori di particolare successo dove «un mestiere piuttosto umile è stato insegnato ai ragazzi attraverso un modello di successo, quello di un artigiano che ha costruito una scala che sembrava essere un blocco unico, dove non si vedevano le saldature, divenuta un prodotto di successo venduto in tutto il mondo. Se quello che si insegna lo si insegna con passione e creatività e con un approccio positivo, l’ingaggio delle persone è più alto».

Per chi nelle aziende già lavora, è noto che la crescita delle aziende si accompagna a grandi investimenti, in tecnologie, modalità produttive, macchinari, ma «gli investimenti devono essere sempre più formativi e proprio per questo, insieme a tutti gli sforzi fatti dalla Manovra per incentivare le assunzioni e premiare la produttività, sarebbe però necessario abbassare la tassazione sul lavoro e offrire una riconoscibilità fiscale per gli investimenti in formazione. La produttività non è solo un tema tecnologico, ma richiede di fare crescere le persone e ha ricadute molto importanti perché crescendo la produttività diventa possibile anche restituire alle persone una maggiore capacità di reddito», sostiene Dellabianca. Un tema questo che è di particolare rilievo in alcune aree del Paese, soprattutto al Nord dove si concentra molta parte dell’offerta di lavoro, ma anche dove il costo della vita è più alto. «Pensiamo a Milano – dice per esempio Dellabianca -. Attrarre persone per venire a lavorare a Milano si scontra con un costo della vita elevato, dove l’aspetto abitativo rappresenta uno dei temi più rilevanti. Il sistema di welfare va allargato anche all’aspetto abitativo, con contributi e bonus affitti ma anche con la creazione di luoghi che abbiano un impatto sociale e abitativo. Anche questo è welfare». Un ecosistema dove coesistono molti strumenti, tra cui ci sono anche quelli organizzativi che hanno dato un contributo fondamentale nel sostegno tanto della genitorialità quanto dei caregiver. «La flessibilità organizzativa, penso allo smart working e alla settimana corta, – conclude il presidente della Compagnia delle Opere – devono diventare patrimonio culturale e professionale di chi progetta e struttura le organizzazioni, perché le persone hanno bisogno di organizzare il lavoro nella loro vita. Più questo è facile, più sono soddisfatte e più sono produttive».

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