La guerra dei dazi scatenata da Donald Trump congela il commercio mondiale: le tariffe in vigore al 14 aprile, che includono il balzello del 10% su tutte le importazioni Usa, sono più che sufficienti a mandare in contrazione il volume degli scambi dello 0,2%, un risultato di circa tre punti percentuali più basso rispetto allo scenario di base («a dazi bassi»). La flessione potrebbe arrivare all’1,5%, se gli Stati Uniti adotteranno i dazi messi in pausa per 90 giorni, quelli che Trump chiama reciproci, anche se di reciproco non hanno nulla. Sarebbe il crollo più forte dall’anno del Covid. Sono le stime della Wto, presentate ieri da una allarmata Segretaria generale, Ngozi Okonjo-Iweala: «Sono profondamente preoccupata. La recente de-escalation – ha detto – ha temporaneamente alleviato la pressione sul commercio mondiale. Tuttavia, la persistente incertezza minaccia di frenare la crescita globale, con gravi conseguenze per il mondo e in particolare per le economie più vulnerabili». Nel 2024, il volume dello scambio mondiale delle merci era cresciuto del 2,9%. A ottobre, la stessa Wto aveva previsto un incremento del 3%.

Usa, Messico e Canada i più colpiti

In base alla situazione attuale (con i dazi già in vigore al 14 aprile), la Wto prevede che la regione più colpita nel 2025 sarà il Nord America (Usa, Canada e Messico), con una caduta delle esportazioni del 12,6% (-14,8% rispetto allo scenario di base) e un calo delle importazioni del 9,6% (-12,5% rispetto allo scenario di base). Il crollo dell’interscambio sottrarrebbe 1,7 punti percentuali dalla crescita del commercio mondiale di merci nel 2025, spingendo in territorio negativo il dato complessivo.

L’Asia e l’Europa dovrebbero registrare una crescita sia dell’export che dell’import, per quanto modesta e comunque inferiore alle attese.

Il muro Usa-Cina

Il muro tariffario contro la Cina, sottolinea anche la Wto, spingerà gli esportatori della seconda economia al mondo a cercare sbocchi alternativi, mettendo sotto pressione altri mercati. La Wto prevede che le vendite di merci cinesi aumenteranno dal 4% al 9% in tutte le regioni al di fuori dell’America del Nord. Allo stesso tempo, il calo dell’import Usa di prodotti tessili, abbigliamento e apparecchiature elettriche made in China, dovrebbe aprire opportunità alle aziende di altri Paesi.

Per Okonjo-Iweala, il rischio più grave è il congelamento dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, il così detto disaccoppiamento. La Wto stima che lo scambio di merci tra le due economie diminuirà dell’81%, un calo che avrebbe potuto raggiungere il 91% senza le recenti esenzioni per prodotti come gli smartphone. Se questo disaccoppiamento contribuisse a una più ampia frammentazione dell’economia globale in blocchi geopolitici, il Pil globale potrebbe ridursi del 7% nel lungo termine, come da quasi un anno avvisano la stessa Wto e il Fondo monetario.

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