La nostra associazione è stata promotrice della costituzione della Consulta dei Servizi, composta da tutte le associazioni di rappresentanza del settore: un evento inedito che sta iniziando a dare risultati. Stiamo lavorando insieme al Mit a un provvedimento amministrativo che illustri alle stazioni appaltanti come applicare al meglio la norma facoltativa per la revisione prezzi nel settore dei servizi. È una soluzione ponte rispetto alla richiesta di una modifica strutturale del Codice degli appalti, che deve prevedere norme chiare e obbligatorie per le stazioni appaltanti. Molte gare stanno andando deserte: non si trovano imprese disposte a lavorare a queste condizioni.
Passiamo alle politiche industriali. Nel vostro documento chiedete di uscire dalla logica degli interventi spot. Quali tre leve bisognerebbe puntare subito e con quali metriche di impatto misurerete occupazione e produttività?
Una cosa è certa: i dazi rallenteranno l’export; serve il rilancio della domanda interna, altrimenti rischiamo una stagnazione perenne con salari fermi e potere d’acquisto in calo. Per il nostro ecosistema servono tre cose: investire su servizi e lavori pubblici per rilanciare l’economia perché l’idea che il public procurement sia una voce su cui fare risparmi è sbagliata; attuare politiche industriali e investimenti di medio e lungo periodo in settori strategici; abbassare i costi che frenano l’iniziativa economica, a partire da energia e lavoro. Il Pil degli ultimi anni si è sostenuto grazie al Pnrr, ma è finito: servono interventi strutturali.
La crescita nel Mezzogiorno è stata trainata da Pnrr e Zes unica. Quali progetti hanno davvero generato ordini e investimenti per le cooperative e quali non replichereste? Come si evita che, finito il traino Pnrr, si apra un vuoto per le imprese labour intensive?
Abbiamo svolto in Calabria la nostra assemblea annuale, affrontando i temi principali che riguardano le imprese. L’abbiamo organizzata al Sud perché crediamo che tutta l’economia italiana dovrebbe guardare a Sud, dove si vedono segnali di crescita importanti. Il Pil è aumentato complessivamente dell’8,6% tra 2022 e 2024 al Sud, contro il 5,6% del Centro-Nord. Il Sud è la terza regione più attrattiva tra i 20 Paesi del Mediterraneo. È aumentata la presenza di imprese manifatturiere: una vitalità che aspettava l’impulso giusto, fornito dal Pnrr.