Con la recente pubblicazione di una roadmap da parte del regolatore Fda, e il successivo annuncio del National Institute of Health (Nih) dell’istituzione di un ufficio dedicato, si avvia negli Stati Uniti il passaggio da una ricerca scientifica basata sull’utilizzo di modelli animali, ad una ricerca centrata su nuove alternative. L’iniziativa non riguarda tanto l’aspetto etico, quanto quello pratico ed economico: lo scopo principale è di modernizzare e migliorare il processo di sviluppo dei farmaci, da un lato con sistemi che possano innanzitutto identificare effetti tossici che negli animali passerebbero inosservati, dall’altro semplificando i vari passaggi per ridurre tempi e costi di sviluppo.

La spinta della Fda: modelli alternativi per accelerare i farmaci

Per ottenere questi risultati l’Fda incoraggia l’utilizzo delle “new approach methodologies”, tecnologie che includono modelli computazionali basati sull’intelligenza artificiale, organoidi e organ-on-chip. Questi ultimi sono modelli tridimensionali di tessuti umani funzionali su microcircuiti fluidici, e rappresentano la più recente innovazione entrata nei laboratori.

Come spiega Paolo Netti, direttore del Center for advanced biomaterials for healthcare dell’Istituto italiano di tecnologia: «gli organ-on-chip puntano a mimare fedelmente la struttura, la funzione e l’ambiente biochimico e meccanico dei tessuti umani. Non servono solo a prevedere l’efficacia dei farmaci, offrono alla clinica nuove possibilità per comprendere complesse risposte immunitarie, analizzare il comportamento di una malattia e identificare trattamenti mirati, anche nei casi più delicati». Chi utilizza questi metodi innovativi potrebbe beneficiare di procedure di approvazione accelerate.

Dai laboratori italiani i “gemelli biologici” dei pazienti

Anche la ricerca italiana ha cominciato a utilizzarli: «abbiamo laboratori d’avanguardia, non solo nei poli di ingegneria biomedica, ma anche nei dipartimenti di biologia e biologia molecolare». E ci sono spin-off e aziende italiane specializzate nella produzione di propri modelli.

All’Iit esiste una libreria di organi-on-chip: partendo dalle cellule umane, si sviluppano chip per i tessuti come la pelle, i polmoni, l’intestino, ma anche organi più complessi come cervello e fegato. La possibilità di usare modelli patient-specific ha aperto la strada al concetto di gemello biologico. Racconta il professor Netti: «stiamo lavorando con l’Istituto Pascale di Napoli per testare protocolli terapeutici su chip che riproducono le cellule malate di un paziente oncologico, in modo da prevedere la risposta ai trattamenti prima della somministrazione vera e propria. È un passo verso la medicina personalizzata». Ma non è tutto: «siamo riusciti ad accoppiare più organi su chip, ad esempio intestino-cervello o intestino-sistema immunitario, per studiare i meccanismi infiammatori o le risposte fibrotiche tipiche di molte patologie croniche».

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