Non è mai troppo tardi, anche per imparare a scrivere una lettera, la prima della propria vita. Lo racconta la studentessa più anziana al mondo che ha ispirato molti altri suoi coetanei a tornare a scuola per imparare a leggere e scrivere. Maria Edelzuita, novantacinquenne brasiliana mamma di nove figli ed entrata nel guinness dei primati, è diventata una celebrità in tutto il Brasile. Ha iniziato a studiare a 93 anni, spinta dal suo sogno di imparare a leggere e scrivere, diritto che le era stato negato durante l’infanzia. Siamo a Pernambuco, stato del Brasile nella regione del Nordest abitato da dieci milioni di persone. Un’eccellenza nel panorama educativo perché al terzo posto nell’indice di sviluppo dell’istruzione di base tra i 27 stati brasiliani. La campagna di marketing My First Letter, che si esplicita in un video emozionale che vede protagonista proprio Maria Edelzuita, riflette l’impegno del dipartimento dell’istruzione per superare la sfida legata ai tassi di abbandono scolastico, anche con l’incoraggiamento per gli adulti a tornare a scuola per completare l’istruzione elementare. La campagna ha prodotto risultati tangibili: si è registrato un aumento delle iscrizioni al programma di alfabetizzazione per i più anziani. Intanto My First Letter, pensato dalla casa di produzione Propeg, è tra i finalisti Clio Awards di New York come miglior film pubblicitario.
Social media e digital manager
Un video virale, un testo accattivante, un posizionamento social vincente. Oggi quegli elementi tipici delle campagne di marketing delle organizzazioni private conquistano anche quelle pubbliche. Così comuni e istituzioni provano a strizzare l’occhio o lo schermo dello smartphone ai cittadini connessi e distratti. Persino la pubblica amministrazione – composta da ministeri, regioni, comuni, enti pubblici di varia natura – prova a svecchiarsi facendo capolino in quella dimensione social che passa da iniziative di impatto. Evolvono le piattaforme e i canali, si aggiornano i linguaggi sempre più contemporanei, si sperimentano formati innovativi per provare a veicolare iniziative di pubblica utilità o con un risvolto sociale. Da qui passa la nuova battaglia per catturare l’attenzione da parte di quei profili professionali che provano a smarcarsi dai retaggi del passato, adottando nuovi strumenti anche grazie alla regolamentazione della figura del social media e del digital manager arrivata con l’approvazione dell’emendamento contenuto nel decreto legge Pa 25/2025. Obiettivo: migliorare i servizi rivolti a cittadini e imprese e favorire una partecipazione più attiva alla gestione delle politiche pubbliche.
Il marketing della Pa
«È una svolta storica: finalmente dopo anni di attesa si riconosce una professionalità che da tempo ha un ruolo centrale nella quotidianità di enti e aziende pubbliche. Da tempo grazie ai social, alle chat e alle piattaforme digitali in generale il settore pubblico ha fatto passi in avanti importanti sia nella consapevolezza dell’utilità di questi strumenti sia nella qualità dei servizi offerti e di una comunicazione e dialogo sempre più a portata di cittadino. Le tecniche di marketing sono ormai elementi del lavoro quotidiano anche nelle pubbliche amministrazioni e in molte occasioni con esperienze che possono fare da modello anche per il privato», afferma Francesco Di Costanzo, Presidente PA Social e Fondazione Italia Digitale, nonché docente di social media management all’Università di Camerino. La virata verso l’adozione di modelli di intelligenza artificiale e canali social rafforza la relazione emozionale con i cittadini. Intanto si registrano le prime sperimentazioni su Ia e realtà virtuale, anche grazie alla componente generativa. È il caso di Camilla, assistente virtuale a firma di Csi Piemonte. A Roma c’è Julia, avatar creato per aiutare cittadini e turisti ad esplorare la città in modo facile e piacevole. Intanto a Cagliari nasce il primo ospedale italiano in realtà virtuale realizzato dall’azienda ospedaliera locale.
Abitare gli spazi digitali
Evolve il public branding, andando oltre la mera fornitura di informazioni verso nuove strategie di marketing istituzionale. «Comunicare bene significa essere riconoscibili, accessibili, rilevanti. Un’amministrazione che adotta strumenti e strategie efficaci costruisce fiducia, promuove servizi, coinvolge cittadine e cittadini. Non è marketing per vendere ma comunicazione per far sapere, ascoltare e far partecipare: un presidio di democrazia e trasparenza che necessita di pensiero critico e programmazione strategica», sostiene Giovanni Boccia Artieri, professore di scienze della comunicazione all’Università di Urbino e co-autore di “Comunicare. Persone, relazioni, media” per Laterza. Intanto per alcuni analisti in questo modo il pubblico sottostà alla dittatura del gradimento tipica della cultura della rete, rischiando l’effetto cuoricini per inseguire stilemi fatti propri dal privato. «Il rischio c’è se si rincorrono modelli senz’anima pubblica. Qui non si tratta di inseguire i like, ma di imparare a comunicare in modo efficace nei contesti digitali, tenendo presente che la finalità ultima della comunicazione pubblica è perseguire l’interesse generale, valorizzare il bene comune, ridurre le diseguaglianze. È questione di unire senso civico e design comunicativo. Serve progettualità culturale, non solo adattamento tecnico ai formati dei social media. Per questo occorre una formazione adeguata», dice Boccia Artieri. Bisogna così aggiornare i profili professionali per adeguare messaggi e linguaggi al contesto. «Le campagne pubbliche più efficaci sono quelle fondate su una strategia di comunicazione integrata e inclusiva. Funzionano quando sanno adattare linguaggi, tono di voce e canali ai diversi pubblici di riferimento, senza escludere nessuno. Colpiscono quando riescono a sorprendere, coinvolgere anche emotivamente e rispettare la pluralità di opinioni, sensibilità e vissuti presenti nella società. Per dialogare coi cittadini occorre abitare gli spazi digitali in modo competente. Servono nuovi linguaggi e professionalità capaci di unire etica pubblica e comunicazione contemporanea. L’università può essere centrale, così come è sempre stata nella formazione dei comunicatori pubblici», conclude Boccia Artieri.