Sono in arrivo, nella manovra 2025, i primi emendamenti. E tra i primi annunci ce n’è stato uno che dividerà il centrodestra: il canone Rai. Quest’anno era sceso da 90 a 70 euro su iniziativa della Lega, l’anno prossimo tornerà a salire. Il Carroccio propone un nuovo taglio, ma Forza Italia ha detto apertamente che è contraria.

La sede della Rai (Foto Mauro Scrobogna /LaPresse)

Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Le modifiche alla legge di bilancio per il 2025 devono ancora iniziare, ma il centrodestra ha trovato il primo argomento su cui scontrarsi. Si tratta del canone Rai – un tema su cui soprattutto la Lega è attiva da tempo. Più volte negli anni Matteo Salvini ha promesso di abolirlo. Quest’anno un primo, modesto taglio era arrivato: da 90 a 70 euro all’anno. Ma dal 2025 tornerà l’importo pieno, a meno che non si intervenga in manovra. Il Carroccio ha annunciato che proporrà un emendamento per farlo, ma Forza Italia si è già schierato apertamente contro.

L’annuncio dell’emendamento è arrivato oggi. Il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni ha citato il canone tra i temi su cui intervenire, e i parlamentari in commissione Vigilanza Rai hanno confermato: “Un intervento che ci sembra doveroso, anche alla luce del fatto che è ora per il servizio pubblico di migliorarsi senza gravare ulteriormente sui cittadini”.

La dichiarazione ha assunto toni decisi, tornando alla promessa di cancellare del tutto il canone: “Non ci fermeremo in questa battaglia e andremo avanti con la sua progressiva riduzione fino alla definitiva abolizione”. L’obiettivo sarebbe quello di “favorire la transizione verso una azienda in grado di stare sul mercato”.

Manovra 2025, anche Confindustria è critica: “Inadeguata, non dà risposte mentre economia è in stallo”

Ma poco dopo da Forza Italia è arrivato il primo stop: “Abbiamo sempre detto che siamo contrari”, ha confermato il portavoce nazionale Raffaele Nevi. “La Rai non può essere indebolita, è un’industria che dà lavoro a migliaia di persone, abbiamo bisogno di un servizio pubblico forte, che sviluppi un piano industriale capace di reggere la concorrenza del privato e dei grandi gruppi stranieri”.

Non è mancata una parentesi diplomatica: “Ognuno fa quello che ritiene giusto, noi lo rispettiamo, non c’è bisogno di litigare”. Poi è arrivata la frecciata: “Il taglio del canone non fa parte dell’accordo di governo“. Peraltro è la stessa formula usata dalla Lega, poche settimane fa, per criticare duramente la proposta forzista sulla riforma della cittadinanza. “Noi siamo contrari, e la nostra posizione non cambia”, ha ribadito Nevi.

Anche perché, ha aggiunto, “l’anno scorso è stato ridotto il canone ma poi abbiamo dovuto garantire alla Rai un contributo straordinario”. Il taglio è costato alla Rai circa 440 milioni di euro, che sono stati recuperati con altre entrate dallo Stato. La stessa linea del capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: “Se si abbassa il canone aumentano i trasferimenti alla Rai. L’esborso è uguale quindi non mi pare che cambi granché”.

La questione non è sfuggita all’opposizione, che ha attaccato. “I padroni di TeleMeloni sono divisi”, ha commentato il capogruppo al Senato di Alleanza Verdi-Sinistra Peppe De Cristofaro. “Meloni e Giorgetti che dicono? Privare delle risorse il servizio pubblico è un atto ostile che punta alla messa sul mercato della Rai. Ovviamente noi siamo contrari e al contrario della Lega pensiamo che sia necessario salvaguardare l’indipendenza editoriale e finanziaria del concessionario pubblico radiotelevisivo con l’introduzione della progressività per il pagamento del canone in base al reddito dei contribuenti”.

Condividere.
Exit mobile version