La Lega punta a far entrare la proposta di Quota 41 “nella legge di bilancio per il prossimo anno”. Parola di Claudio Durigon, leghista e sottosegretario al Lavoro. Da anni Quota 41, cioè la pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, è un cavallo di battaglia del Carroccio. Finora, però, non ci si è nemmeno avvicinati.

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“L’obiettivo della Lega sulle pensioni è quello di lavorare a una soluzione su Quota 41 per tutti che dia una risposta ai lavoratori”, inserendo una proposta “nella legge di bilancio per il prossimo anno”. Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro ed esponente di spicco della Lega, ha rilanciato la proposta che da anni il Carroccio porta avanti: una riforma che permetta a lavoratrici e lavoratori di andare in pensione quando hanno accumulato 41 anni di contributi, a prescindere dalla loro età.

Non è la prima volta che Durigon insiste sul tema: all’inizio dell’anno aveva già lanciato l’ipotesi di varare Quota 41 entro la fine della legislatura, prevista nel 2027. Oggi, in un’intervista ad Affari italiani, ha alzato ancora l’asticella parlando già del 2025: “Studieremo bene tutte le fasi per far entrare la proposta nella legge di bilancio per il prossimo anno. Siccome ormai il sistema contributivo è predominante sul sistema retributivo Quota 41 è anche sostenibile a livello finanziario”.

In quest’ultima frase c’è il ‘trucco’ che potrebbe rendere Quota 41 un’opzione percorribile: il calcolo contributivo. Ovvero quel sistema per cui l’importo della pensione dipende dalla quantità di contributi versati, e non dagli ultimi stipendi ricevuti, come avveniva invece con il sistema retributivo. Con il sistema contributivo, l’assegno della pensione risulta decisamente più basso. La soluzione sarebbe questa, quindi: Quota 41, sì, ma chi la vuole usare dovrà accontentarsi di una pensione ridotta.

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Il sistema contributivo si applica dal 1996. Da allora sono passati 28 anni, quindi chi arriva oggi a maturare 41 anni di contributi avrebbe un assegno calcolato su 28 anni di metodo contributivo e 13 anni (quelli lavorati prima del 1996) di metodo retributivo, più generoso, a cui dovrebbe rinunciare. Un punto che non è sfuggito agli attacchi dell’opposizione: “Dopo la finta tredicesima di Meloni è in arrivo il grande imbroglio sulle pensioni. Consisterà sicuramente nella possibilità di andare in pensione prima ma con quattro spiccioli che non ti consentono nemmeno di fare la spesa al discount”, ha dichiarato il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Franco Mari.

Resta da vedere cosa proporrà concretamente la Lega. Al momento, il presidente leghista della commissione Finanze al Senato Massimo Garavaglia ha detto di aver lavorato a un progetto che “risolve il problema delle pensioni e supera la legge Fornero. Una soluzione praticamente già pronta e che può funzionare, risolve un sacco di problemi e a mio avviso potrà partire già dal prossimo anno”. I dettagli saranno presentati “in estate”, ha detto Garavaglia.

Finora, il governo Meloni ha fatto indebolito le pensioni anticipate: rispetto all’anno scorso, nel 2024 Ape sociale e Opzione donna hanno criteri più restrittivi e lo stesso vale per Quota 103, che non solo viene pagata più tardi ma offre anche un assegno più basso (proprio perché calcolato con il sistema contributivo). Non a caso, dall’inizio dell’anno si è alzata l’età media di chi va in pensione anticipata. Si vedrà se la riforma leghista arriverà in discussione, o se resterà una proposta rilanciata in vista delle elezioni europee di giugno.

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