La lavanda dei piedi ai detenuti il Giovedì Santo, la Porta Santa aperta a Rebibbia nel nuovo complesso. E quella frase “perché voi e non io”. È stato il Pontefice dell’apertura alle carceri Papa Francesco con un’attenzione verso chi ha sbagliato e, dietro le sbarre, paga e cerca di saldare il conto con la società. Una battaglia contro il pregiudizio ma anche, contro le derive populiste.

La testimonianza dei volontari

Parole che riecheggiano tra l’esercito dei volontari che quotidianamente presta servizio gratuitamente in carcere «E’ stato guida e riferimento. Semplicemente con la sua amorevole attenzione e la sua presenza fisica nelle carceri Bergoglio ha spalancato al mondo intero l’umanità sofferente che vive “ristretta” – Rice Roberto Monteforte, ex vaticanista de L’Unità e oggi volontario a Rebibbia e coordinatore del notiziario Non tutti sanno-. Lo ha fatto con tanti gesti, in particolare celebrando negli anni del suo pontificato all’inizio della santa Pasqua il servizio della lavanda dei piedi del Giovedì Santo, in un carcere della capitale, o dove ha potuto». Nelle parole del Pontefice l’invito a mettere al centro, sempre, il rispetto della persona e la sua dignità, il suo diritto alla speranza e al futuro.

L’invito a rompere gli schemi

«Con i suoi gesti Papa Francesco ha invitato a rompere i meccanismi che portano a condannare senza appello e a uccidere la speranza – aggiunge Monteforte -. Per chi vive la realtà del carcere, Bergoglio è stato davvero il Papa della Misericordia e degli ultimi. Lo ha testimoniato con la sua vita. Il suo rapporto con la realtà carceraria è antico. Lo ha testimoniato lui stesso, quando ha ricordato di come, andando a trovare da vescovo di Buenos Aires i suoi “amici” detenuti, si facesse la domanda “Perché voi dentro e non io?”. Se la ripeterà sempre e lo farà spingendo tutti a riflettere sulla condizione umana, sulla possibilità che hanno tutti di commettere errori. Quindi di non farsi prigionieri dell’indifferenza e del preconcetto verso il mondo dei “ristretti”».

Dall’Arte alla Giudecca alla Porta Santa

E poi l’arte e la bellezza: «Ha voluto entrassero nelle carceri: così il padiglione della Santa Sede alla mostra Biennale di Venezia dello scorso anno è stato allestito con le detenute all’interno del carcere femminile della Giudecca». Eppoi la forza dell’atto considerato più significativo di quest’anno, quello del Giubileo. «Bergoglio ha deciso che ci fosse una Porta Santa anche nel carcere di Rebibbia. Così la chiesa del Padre Nostro del Nuovo Complesso è divenuta la quinta Basilica papale, quella della “Sofferenza”, della Speranza e del Perdono – continua Monteforte -. Un messaggio fortissimo, perché ha indicato a tutti i carcerati come fratelli da amare e da accogliere».

La voce dei detenuti

Dietro le sbarre Papa Francesco è stato «la voce dei detenuti e il Padre più amato. Ha chiesto con determinazione rispetto per la dignità di ogni persona reclusa. Ha invocato umanità per le condizioni di vita disumane delle carceri e in questo anno di Giubileo ha chiesto ai governati atti concreti di clemenza e di umanità. Non è stato ascoltato».

Condividere.
Exit mobile version