Il 29 ottobre 2025 la cometa interstellare 3I/ATLAS, scoperta lo scorso luglio, raggiungerà il suo perielio, il punto dell’orbita più vicino al Sole. In quel momento si troverà a circa 203 milioni di chilometri dalla nostra stella — poco più della distanza che separa la Terra dal Sole (circa 150 milioni di km)

Inizialmente la cometa era considerata un asteroide, infatti è stata inserita nella Neo Confirmation Page del Minor Planet Center con la designazione A11pl3Z, immediatamente confermata da decine di altri osservatori. Le osservazioni hanno però indicato la presenza di una piccolissima coda lunga solo tre secondi d’arco che identifica l’oggetto interstellare come una cometa.

Rilascia acqua “come un idrante”

Una nuova analisi di 3I/ATLAS ha rilevato la presenza di idrossili (OH), segno inequivocabile di acqua sulla sua superficie. La scoperta, realizzata dal team dell’Università di Auburn tramite il Neil Gehrels Swift Observatory della NASA, è stata pubblicata su The Astrophysical Journal Letters.

Sorprendentemente, la cometa emetteva OH a una distanza di oltre tre volte quella tra Terra e Sole, dove il ghiaccio non dovrebbe sublimare. 

Gli scienziati stimano un’emissione di circa 40 kg d’acqua al secondo, paragonabile a un idrante a piena potenza. Questo suggerisce una struttura complessa, forse composta da microframmenti di ghiaccio che si vaporizzano sotto la luce solare. Secondo il fisico Dennis Bodewits, la scoperta indica che “gli ingredienti della vita non sono esclusivi del nostro sistema planetario”.

Il passaggio vicino a Marte

Lo scorso inizio settembre, la cometa ha sfiorato l’orbita di Marte, passando a circa 110 milioni di chilometri dal pianeta rosso. Le sonde e i telescopi che la osservavano in quel momento hanno registrato un aumento di luminosità e di gas emessi, segno che la radiazione solare stava intensificando l’attività del nucleo. Anche in questa fase, 3I/ATLAS si è distinta per la sua orbita estremamente aperta e inclinata, coerente con quella di un oggetto interstellare in transito.

Un messaggero dallo spazio profondo

3I/ATLAS è il terzo oggetto interstellare mai identificato nel nostro Sistema Solare. Il primo fu ‘Oumuamua (2017), un corpo allungato e privo di coda che mostrò un’anomala accelerazione non gravitazionale, poi spiegata come una spinta generata dal degassamento di idrogeno molecolare (H2) intrappolato nell’oggetto, che non generava una coda visibile. Il secondo, 2I/Borisov (2019), si comportò più come una cometa tradizionale, mostrando chiaramente ghiacci e polveri in sublimazione.

Questi rari visitatori sono preziosi perché trasportano materiale formatosi attorno ad altre stelle: studiarli significa avere un assaggio diretto della composizione chimica di altri sistemi planetari e capire come si formano e si disperdono i detriti cosmici nello spazio interstellare.

“È una cometa, basta speculazioni”

Le particolari caratteristiche del comportamento di questa cometa hanno dato luogo a ipotesi affascinanti, da prendere come stimoli intellettuali più che come conclusioni scientifiche. Il ricercatore ricercatore dell’INAF Albino Carbognani ha confermato che “possiamo dirci assolutamente certi che 3I/ATLAS sia una cometa”.

“Questo dibattito – dice Carbognani – è sorto dalle affermazioni dell’astronomo di Harvard Abraham Avi Loeb che aveva ipotizzato una possibile origine aliena di quella che invece ora sappiamo essere una cometa – cosa che anche Loeb ora ritiene altamente probabile. Una cometa che presenta alcune caratteristiche particolari, è vero: ad esempio un rapporto acqua/anidride carbonica basso rispetto alle comete del sistema solare, o una luce polarizzata o ancora una traiettoria che è quasi sul piano dell’eclittica”.

“Ma tutte queste caratteristiche possono trovare una spiegazione molto più agevole rispetto all’intervento alieno. Quanto alla prima, la cometa in questione dopo un periodo nel forte freddo dello spazio si sta esponendo ora alla luce solare e ci vuole più tempo per rilasciare vapore acqueo rispetto allo scioglimento del ghiaccio da CO2 che è più volatile”. 

“Per la questione della luce polarizzata va considerato che quando evaporano gli elementi volatili di una cometa, si trascinano dietro anche la polvere di superficie ed è ragionevole pensare che la cometa in questione abbia polvere di una composizione simile a quella dei corpi transnettuniani da qui una polarizzazione della luce similare”.

“Quanto infine alla traiettoria, è questione di statistica: si immagini di lanciare palle di neve contro un bersaglio, prima o poi qualcuna va a centro. Così è avvenuto anche in questo caso”.

Venendo ai dati della cometa, Carbognani spiega che “è entrata nel sistema solare a circa 58 km/s, una velocità molto più elevata dei pianeti e delle comete del nostro sistema solare non essendo un oggetto di questo sistema. La direzione di arrivo è stata grosso modo quella della costellazione del Sagittario. Non conoscendo bene la traiettoria però è difficile individuare con certezza un punto di origine, comunque dovrebbe provenire grosso modo dal centro della via lattea, dal nucleo galattico. Con una buona probabilità è stata espulsa da una stella più vecchia del Sole, quelle che popolano il cosiddetto Disco Spesso della via Lattea. Quindi è presumibilmente più vecchia essa stessa del nostro sistema solare con una età stimata tra i 7 e gli 8 miliardi di anni“.

Dopo aver raggiunto il perielio 3I/ATLAS si ritufferà nello spazio interstellare “dirigendosi in prospettiva verso la costellazione dei Gemelli”, conclude Carbognani.

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