«Che fine hanno fatto i CEO delle grandi aziende tecnologiche in tema di dazi?» titolava l’edizione americana di Wired, e la risposta è arrivata poche ora dopo: Trump ha escluso smartphone, pc e compenenti chip dai dazi, anche nei confronti della Cina.
Il silenzio di questi giorni di Tim Cook, Mark Zuckerberg e altri leader del settore tecnologico, mentre le loro aziende perdevano migliaia di miliardi in Borsa, continuava Wired, «è stato al tempo stesso assordante e strategico».
Il loro lavoro dietro le quinte probabilmente è stato decisivo per il dietrofront. D’altronde, dati di Counterpoint, circa l’80% degli iPhone destinati alla vendita negli Stati Uniti sono realizzati in Cina e questo fa comprendere la rilevanza della decisione di Donald Trump di esentare smartphone, computer e altri dispositivi elettronici dai dazi doganali reciproci, inclusi quelli del 125% imposti sulle importazioni cinesi.
«Penso che alla fine i Ceo delle grandi aziende tecnologiche abbiano parlato a voce alta e la Casa Bianca abbia dovuto comprendere e ascoltare la situazione, sarebbe stato un Armageddon», ha dichiarato a Cnbc Dan Ives, responsabile globale della ricerca tecnologica di Wedbush Securities. Il dietroftont di Trump arriva dunque in seguito alle preoccupazioni che il prezzo dei gadget salisse alle stelle, con riverberi anche in Europa, poiché molti di questi dispositivi e i loro componenti sono prodotti in Cina.
«Per i produttori di hardware americani nel breve termine sarebbe complesso cambiare filiere di fornitura: i costi di sostituzione sono molto elevati», spiega all’ANSA Andrea Rangone, docente ordinario di Digital Business Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano, co-fondatore degli Osservatori Digital Innovation.