I redditi nominali sono saliti del 6,5%, ma l’aumento dei prezzi ha annullato l’effetto della crescita: il peggiore calo è stato registrato nel Nord-Ovest (-4,2%). Migliorano solo i redditi dei lavoratori autonomi.

I redditi reali degli italiani si sono ristretti. Secondo Istat nel 2023 sono aumentati i redditi nominali delle famiglie italiane, che si attestano a una media di 35.995 euro (+6,5% rispetto al 2022), ma a causa dell’inflazione i redditi reali sono diminuiti del 2,1%. E la povertà continua a essere una minaccia: sono diminuite le famiglie a rischio (18,9%, circa un punto percentuale in meno in confronto all’anno precedente), ma si registra un aumento un aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% nel 2022, contro il 4,5% del 2022). Non è la prima volta che l’istituto di statistica certifica il problema povertà: secondo dati divulgati a marzo, nel 2023 una persona su dieci viveva in condizione di povertà assoluta. Le condizioni di indigenza in aumento avevano scatenato la reazione delle opposizioni, che avevano definito i dati divulgati da Istat come numeri da “macelleria sociale”.

Nel Nord-Ovest la riduzione peggiore nel 2023

Nel 2023, i redditi familiari in termini reali sono calati ovunque, ma a “trainare” questo peggioramento sono le Regioni nord-occidentali del Paese: se nel Mezzogiorno, al Centro e nel Nord-Est i redditi reali fanno registrare una discesa generalizzata dell’1% circa, nel Nord-Ovest il calo è vertiginoso: -4,2% in un anno.

La riduzione dei redditi reali è una crisi che ormai va avanti da tempo. Dal 2007, prima della prima crisi economica finanziaria, fino a oggi il calo dei redditi reali non si è mai fermato. In questo periodo la maglia nera va al Centro Italia con un pesante -10,8%, seguito dal Mezzogiorno (-10,2%) e infine dal Nord (-5,1% nel Nord-Est, -2,8% nel Nord-Est).

L’Ue boccia l’Assegno di inclusione e dice che senza Rdc aumenterà la povertà in Italia

Ci sono novità positive solo per chi lavora da autonomo: sono gli unici redditi familiari che sono riusciti a crescere anche in termini reali (+0,7%) lo scorso anno, laddove invece i redditi delle famiglie che dipendono da lavoratori dipendenti sono diminuiti del 2%. Un cambio di tendenza rispetto al passato, in corso da qualche anno, ma ancora si è molto lontani dai livelli pre-crisi: dal 2007 il reddito familiare dei lavoratori autonomi è calato del 13,7%.

Disuguaglianze giù rispetto ai livelli pre-pandemia

Nel Paese, inoltre, 7,8 milioni di persone nel 2022 hanno percepito assegni per carichi familiari, come l’Assegno unico universale e l’Assegno per il nucleo familiare. In media, queste persone ricevono importi annui pari a circa 1.930 euro, per un totale di 15,1 miliardi di euro di spesa pubblica. In totale, sono coperti 7,3 milioni di nuclei familiari. Ancora non sono noti i dati sull’Assegno di inclusione, la misura sostitutiva del Reddito di cittadinanza, ma ieri la Commissione europea ha dato un parere negativo sulla misura, considerata poco incisiva rispetto al vecchio assegno.

Tornano invece a diminuire le disuguaglianze. Il rapporto tra i redditi del 20% della popolazione più benestante e quelli del 20% più povero, in Italia, è di 5,3: la fascia superiore, quindi, è circa cinque volte più ricca della fascia più povera. Un valore tutto sommato stabile nel corso del tempo, ma la flessione segnata rispetto al 2019 è un segnale importante: nell’anno prima della pandemia, infatti, il rapporto era di 5,7, con la fascia dei cittadini più abbienti quasi sei volte più ricca rispetto a quella più povera.

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