Anche se il contesto resta pieno di incognite, nel 2025 è però possibile inquadrare una schiarita, con previsioni di crescita dei ricavi industriali sia in valori correnti (+2,2%) che costanti (+0,9%). Risultato di una serie di schiarite e allentamenti sul fronte dei tassi di interesse, della messa a terra dei bonus 5.0 e del Pnrr, della risalita della domanda internazionale così come di quella interna, spinta verso l’alto dall’allargamento della base occupazionale e dagli aumenti inseriti nei rinnovi contrattuali.
Le previsioni per la manifattura: Intesa Sanpaolo e Prometeia
Biennio 2025-2026 visto mediamente favorevole per più settori con poche eccezioni. Tra cui ancora una volta le auto, al palo per effetto delle difficoltà affrontate nella transizione green, così come i settori legati all’edilizia (l’area di prodotti e materiali da costruzione è l’unica a presentare un outlook negativo). Il rilancio delle infrastrutture, nelle stime degli analisti, non sarà infatti in grado di compensare del tutto la discesa degli ordini legati alle ristrutturazioni, scenario questo che continuerà a penalizzare anche i produttori di beni durevoli per la casa.
Industria che pare dunque in grado di superare questa fase di difficoltà, il che è legato solidità evidenziata sotto il profilo reddituale. Nel 2023 l’Ebitda (11,1%) è andato al nuovo record oltre i già buoni livelli 2022, grazie a un alleggerimento complessivo dei costi in presenza però di prezzi che sono rimasti elevati. Significativo l’aumento della quota di imprese manifatturiere con redditività elevata (Roi superiore al 10%), che è salita rapidamente dal 32% del 2020 al 46% del 2023, con miglioramenti trasversali per dimensione e specializzazione produttiva. Si tratta della quota in assoluto più elevata dell’ultimo quindicennio.
Evidente nei margini l’effetto del superbonus: se infatti la categoria dei prodotti/materiali da costruzione è quella che presenta i valori più alti (16,8%), anche i fornitori di questa filiera ne hanno tratto beneficio, realizzando gli scatti maggiori rispetto al 2022.
Al contempo, la percentuale di imprese con cash flow negativo si è ridotta ulteriormente, rispetto ai livelli già bassi del 2022, toccando il punto di minimo degli ultimi 15 anni.