I fondi comuni tornano a fare breccia nel cuore degli investitori europei e così, dopo il forte calo registrato nel 2022, nel 2024 l’industria è tornata a pieno ritmo, con le masse che hanno raggiunto il record di 28mila miliardi di euro, il 2% in più rispetto al picco precedente del 2021. La ripresa è proseguita nel primo trimestre del 2025, con un effetto flussi netti dell’1,5% per i fondi aperti e gli Etf, secondo i dati Morningstar. Tuttavia, gli utili del comparto per il 2024 restano inferiori del 20% rispetto ai risultati record del 2021, con un margine operativo medio in calo di tre punti base, complice l’aumento dei costi. Sono queste le principali evidenze di un’analisi condotta da McKinsey sulle società che operano nel settore dell’asset management in Europa.

Il quadro

Nel 2024, i flussi netti nel risparmio gestito europeo sono cresciuti, toccando i 593 miliardi di euro, lontani dal record di mille miliardi del 2021. Una quota rilevante si è diretta verso prodotti a basso margine, come i fondi passivi (316 miliardi), i fondi monetari (133 miliardi) e l’obbligazionario attivo (321 miliardi). Tra i prodotti ad alto margine, gli investimenti alternativi hanno registrato un afflusso netto moderato, pari a 52 miliardi di euro. Secondo l’analisi McKinsey basata sui dati Morningstar relativi a fondi aperti ed Etf, questo trend è proseguito nel primo trimestre del 2025: circa il 41% dei flussi netti si è diretto verso i fondi passivi (azionari e obbligazionari), il 34% verso l’obbligazionario attivo e il 27% verso i monetari,mentre l’azionario attivo ha subito lievi deflussi.

A inizio 2025 si è registrata un’impennata della volatilità e forti perdite nei mercati azionari, guidate dagli Stati Uniti, a cui è seguita un’ondata di vendite sui Treasury decennali Usa. Il risparmio gestito europeo ha reagito: l’allocazione verso l’azionario statunitense si è dimezzata da febbraio 2025. Così, la recente volatilità ha avuto un impatto minore per i gestori europei, ma questi hanno risentito dell’esposizione agli Usa, per via del deprezzamento del dollaro rispetto a euro e franco svizzero.

I tre scenari

Tra i trend oltre alla crescita degli Etf c’è quella degli asset digitali cresciuti molto: il segmento crypto è salito del 75% annuo tra il 2019 e il 2024. A fine 2024, la capitalizzazione delle criptovalute superava i 3mila miliardi di euro, pari a circa il 2,5% della capitalizzazione complessiva dei mercati azionari globali (escludendo altri asset digitali). «Abbiamo analizzato i trend e sviluppato tre scenari possibili per il 2025 – spiega Nunzio Digiacomo, partner McKinsey – rendimento di mercato pari allo 0% con un effetto flussi netto dell’1% nel 2025; rendimento di mercato negativo del 7,5% con effetto flussi negativo dell’1%; rendimento di mercato negativo del 15% con effetto flussi negativo del 3%. In termini di redditività del settore, il cost–income ratio (Cir) medio a fine 2025 salirebbe di cinque punti percentuali (dal 64% di fine 2024) nello scenario intermedio e di nove punti percentuali nello scenario più negativo. Nello scenario intermedio, la quota di operatori con un Cir superiore al 70% passerebbe dall’attuale 37% al 45%. La percentuale di gestori che potrebbero risultare non redditizi (cioè con Cir superiore al 100%) aumenterebbe dall’1% attuale al 4%».

L’INDUSTRIA DELL’ASSET MANAGEMENT NEL VECCHIO CONTINENTE

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L’impatto sulle quotate

Secondo Digiacomo gli impatti sui ricavi varieranno a seconda delle caratteristiche del singolo operatore. Gli Asset Manager europei, infatti, per la gran parte non sono quotati stand-alone, ma fanno parte di gruppi bancari e assicurativi. Mentre l’80% dei primi 30 gruppi bancari e assicurativi europei è quotato, nell’industria dell’asset management la quota scende a meno del 20%; inoltre, gli asset manager quotati non presentano caratteristiche omogenee tra loro, né per dimensione né per modello di business. È quindi possibile delineare scenari di impatto sui ricavi considerando diverse tipologie di operatori: quelli di maggiori dimensioni, ad esempio, potranno far leva sul proprio business globale per mitigare la contrazione dei margini europei e valutare l’espansione verso nuovi mercati, quali Sud Est Asiatico, Medio Oriente e Sud America. Avranno inoltre la possibilità di competere su asset class più profittevoli, come gli alternativi, sia sviluppando competenze interne, sia attraverso partnership e acquisizioni di operatori specializzati. Infine, disporranno di un maggior budget per lo sviluppo tecnologico, utile a modernizzare l’infrastruttura It e investire in intelligenza artificiale, portando a scala i benefici in termini di costi e ricavi nel medio periodo. Diverso il discorso per gli operatori quotati di media dimensione, senza specializzazione su asset class ad alto rendimento, che saranno più esposti a un aumento del cost-income se non sapranno innovare in termini di prodotto e tecnologia, rivedendo al tempo stesso il proprio modello operativo per renderlo più flessibile ed efficiente

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