I profitti in calo
Guardando solo l’Italia, le principali sei banche commerciali (Intesa, UniCredit, Mediobanca, Mps, Banco Bpm e Bper) hanno messo a segno, nel primo semestre di quest’anno, 12,97 miliardi di risultato netto, praticamente lo stesso risultato dell’intero 2022, anno in cui le banche centrali hanno iniziato ad alzare il costo del denaro. E le previsioni della Fabi, per tutto il 2024, vedono gli utili toccare quota 50 miliardi, in rialzo rispetto ai 40,6 miliardi del 2023. «Dopo due anni di forte crescita degli utili, grazie all’aumento dei tassi di interesse che avevano significativamente migliorato il margine di interesse netto e la redditività, ora siamo a un punto di stallo per le banche europee», spiega Giacomo Saibene, portfolio manager di Quaestio Sgr. «Le banche scandinave sono quelle che per prime hanno vissuto questa dinamica: la Risksbank svedese ha iniziato a tagliare i tassi già a maggio, portandoli dal 4% al 3,25% oggi, e la Bce ha seguito in ritardo di un mese, portandoli dal 4% al 3,5%. Nei prezzi di mercato vediamo come le banche scandinave abbiano fatto peggio delle loro corrispettive europee di circa 15% da inizio anno. Oggi vediamo quindi gli analisti ridurre le stime di crescita per il prossimo anno in particolar modo proprio per le banche scandinave, da Swedbank a DNB».
Dove posizionarsi
In questo contesto, potrebbe risultare utile posizionarsi dove i tassi di interesse resteranno più elevati per più tempo e dove la crescita dell’economia sarà più sostenuta. «Nel primo caso, siamo più costruttivi sulle banche inglesi – prosegue Saibene – da Barclays a NatWest, dove il tasso di politica monetaria è rimasto al 5% dopo un solo taglio di 0,25%». Per quando riguarda il secondo caso, «sulle banche dei paesi periferici, come Spagna o Italia, dove l’economia sembra dare segnali migliori rispetto a Germania o Francia, optiamo per nomi come UniCredit, Bper o CaixaBank», conclude Saibene. L’allentamento monetario avviato dalla Bce, inevitabilmente, avrà effetti sul comparto bancario, col rischio che la corsa degli utili rallenti. «Guardando la curva Euribor, più di 600 miliardi di ricavi da margine di interesse sono potenzialmente a rischio da qui a metà 2025» – , sottolinea Filippo Alloatti, head of financials credit di Federated Hermes. «Di qui la crescente attenzione dei vari management ai ricavi da commissioni. Il compromesso danese spinge le banche ad acquisire compagnie di assicurazioni, evitandone il doppio conteggio e ammorbidendo l’assorbimento del patrimonio». Questo significa che gli istituti di credito più esposti «come Intesa San Paolo, o le francesi o UniCredit che ricompra le quote di CNP e Allianz nelle joint venture, vedranno meglio valorizzata questa componente del reddito», aggiunge Alloatti. Il discorso si può allargare anche all’asset management. che resta sempre un settore di primo piano.
Acquisizioni in pole
Bnp Paribas si muove con prontezza e l’acquisizione dell’asset management di Axa farà scuola – precisa Alloatti -. La temeraria campagna di UniCredit su Commerzbank, con le sue implicazioni in caso di successo, apre scenari interessanti, mentre Société Générale presenta un appeal speculativo con una capitalizzazione di Borsa di appena 18 miliardi ma problemi di costi e dimensione, soprattutto nella banca retail». Le privatizzazioni di Mps e di Abn Ambro in Olanda, infine, potrebbero attirare l’attenzione di altre banche europee, allargando così il risiko bancario.
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