Tre cittadini su quattro hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale: secondo un sondaggio Ipsos il 74% degli intervistati ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del Ssn a causa dei tempi di attesa.

Tre cittadini su quattro hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale, ma due su tre sperano ancora in una Sanità totalmente pubblica. Sono i dati che emergono dal sondaggio condotto da Ipsos in occasione della giornata mondiale della Salute.

In particolare, il 74% del campione ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del Ssn a causa dei tempi di attesa (è accaduto più frequentemente al 65% dei cittadini). Solo il 20% ha risposto “mai” alla domanda “Ha rinunciato a causa dei lunghi tempi di attesa?”. A questo si aggiunge il fatto che il 57% degli intervistati ha dovuto rinunciare perché la prestazione non era erogata nella propria zona. Il dato è più preoccupante nelle regioni del Centro Nord e del Centro sud, ma si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il Paese.

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L’80% dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16% ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali.

Sanità, per tagliare le liste d’attesa il governo vuole che i medici facciano meno ricette inutili

Nonostante queste evidenti lacune, il 64% del campione sostiene che la sanità debba essere esclusivamente pubblica “ad ogni costo” (metà dell’intera popolazione accetterebbe anche un aumento delle tasse se finalizzate a sostenere il Ssn) mentre il 26% accetterebbe un sistema misto pubblico-privato. Il restante 10% si dichiara a favore di un sistema quasi totalmente privato.

“L’offerta specialistica risente in tutto il Paese di una insufficiente disponibilità di risorse economiche ed organizzative per garantire i livelli essenziali di assistenza – ha detto Silvestro Scotti, Segretario Nazionale della Fimmg, che ha diffuso i dati -, e a questo si aggiunge la difficoltà per molti cittadini di raggiungere il luogo in cui la prestazione viene offerta, spesso troppo lontana dai luoghi di vita delle persone. La Medicina generale si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio sanitario nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche, trasversalmente in tutto il Paese. L’accesso alle prestazioni indifferibili dal proprio medico non prevede liste di attesa, mentre le visite programmate vengono effettuate entro pochi giorni. Per questi motivi i cittadini non rinunciano alle prestazioni del proprio medico di famiglia, a differenza di quello che accade in altri ambiti. La difesa del servizio sanitario pubblico- conclude Scotti- passa attraverso la difesa della medicina generale, che è ancora oggi espressione compiuta dei principi che ne hanno ispirato l’istituzione”.

“Il valore della sanità pubblica è riconosciuto e difeso dagli italiani, nonostante il rammarico per tempi di attesa e scarsa capillarità dei servizi sul territorio – commenta Andrea Scavo, direttore dell’Osservatorio ItaliaInsight di Ipsos che ha curato l’indagine – Su questo tema le nostre indagini registrano costantemente una grande sensibilità degli italiani, che considerano la sanità una delle priorità nazionali e, aspetto più unico che raro, si dichiarano disponibili anche a sostenere un aumento delle tasse pur di migliorarne i servizi”.

Liste d’attesa: a breve il decreto in Cdm

Il ministro della Salute Schillaci ha dichiarato che presto sarà varato il provvedimento per ridurre le liste d’attesa: “Siamo alle battute finali del decreto che porteremo a stretto giro in Cdm”, ha annunciato oggi in una intervista a ‘Libero’.

“Quando sono diventato ministro mi sono dato due priorità: migliorare i servizi ai cittadini e valorizzare il personale sanitario. Le liste d’attesa sono uno dei problemi più sentiti dai cittadini ed è un problema annoso. A differenza del passato, questo governo ci sta mettendo la faccia. Le sembra normale che nessuno si sia mai preoccupato di verticare in modo puntuale quali siano veramente i tempi di attesa delle prestazioni?”, ha domandato spiegando che “oggi un monitoraggio di questo tipo non esiste e da li dobbiamo partire per mettere in campo azioni che richiedono il contributo fattivo delle Regioni”.

“Perché altra cosa che spesso si dimentica è che la Stato mette a disposizione soldi e fornisce indirizzi ma poi la messa a terra degli interventi spetta alle Regioni. Non è solo questione di risorse ma anche di modelli organizzativi che devono essere più efficienti. Il cittadino che chiama il Cup per prenotare una visita deve trovare tutta l’offerta di prestazioni disponibile, pubblica e privata convenzionata e pagare solo il ticket se non è esente. Così come intendiamo definire Linee guida con L’istituto superiore di sanità per l’appropriatezza prescrittiva perché anche l’eccesso di esami se non sono necessari allunga le liste”.

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