dal nostro inviato

PARIGI – Sono le elezioni della paura, le legislative francesi del 2024. La paura dei francesi dei piccoli centri, che vedono allontanarsi e sparire i servizi pubblici, e persino alcuni servizi privati; la paura dei francesi delle grandi città, che temono un passo indietro della società aperta in cui vivono e prosperano, travolta da programmi estremi sul piano economico, sociale e istituzionale; la paura dei politici che potrebbero veder sfuggire i propri obiettivi; la paura del presidente, Emmanuel Macron, che sarà costretto a cambiare radicalmente il suo ruolo.

Il ritorno della polarizzazione politica

Mai forse la posta in gioco è stata così alta. La campagna elettorale è stata dominata dal ritorno della polarizzazione della politica. Il centro sembra svuotarsi: i macroniani sono in affanno, impegnati come mai nelle circoscrizioni, al telefono, alla ricerca di voti, ma in un clima di smobilitazione. I Républicains temono la scomparsa, dopo che il presidente Eric Ciotti ha tentato un’intesa con la destra radicale del Rassemblement national: un’aggregazione fallita, che però ha mostrato non solo le divisioni del partito, ma anche la sua difficoltà a trovare una proposta politica distintiva. I socialisti, che avevano ottenuto risultati interessanti alle europee, si sono aggregati al Nouveau Front Populaire, un cartello elettorale molto eterogeneo e segnato dalle intransigenze della France Insoumise, per contrastare Rn. A sinistra il partito di Jean-Luc Mélenchon, il Partito comunista, in parte i Verdi – più pragmatici che altrove – sommano le loro radicalités, soprattutto sul piano economico. A destra il Rassemblement national, malgrado la dé-diabolisation, il tentativo di apparire e diventare più moderato nei toni, resta una forza politica esterna al quadro repubblicano, socialdemocratico, e promette di travolgere il quadro istituzionale con una cohabitation molto conflittuale con e contro il presidente.

Partecipazione in forte aumento

Mai come in passato però queste elezioni sono incerte. I sondaggi sono sempre difficili, in un sistema a doppio turno, ma questa volta sono complicati da una partecipazione al voto prevista in crescita: intorno al 65% dal 47% del 2022. I voti espressi per procura, ammessi in Francia, hanno già superato i due milioni contro i 500mila di due anni fa e ci sono ancora file fuori i commissariati per dare gli incarichi. I voti online, dei francesi all’estero, hanno già raggiunto quota 410mila, contro i 225mila di due anni fa.

Sondaggi molto incerti

Anche una campagna elettorale molto breve impedisce di individuare tendenze chiare e affidabili nei sondaggi. In ogni caso, il Rassemblement national (compresi i Républicains che hanno seguito Ciotti e si sono schierati con la destra radicale) sembra aver guadagnato qualche punto nei consensi, salendo dal 34,7% al 36,5%: esattamente il contrario del «soprassalto» in cui sperava il presidente Emmanuel Macron nel momento in cui ha sciolto l’Assemblée. I Républicains, dopo un primo recupero sono tornati intorno al 7%. La maggioranza presidenziale ha guadagnato pochissimo portandosi dal 19% al 20,1% e il Nouveau front populaire, che si è presentato con forza anti-destra e anti-Macron è rimasto sostanzialmente stabile, portandosi dal 28,7% al 28,6%.

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