Levata di scudi contro la proposta di FdI di chiudere le attività commerciali in almeno sei giorni festivi: Natale e Santo Stefano, Pasqua, Primo Maggio, Ferragosto e Capodanno. Per le realtà del commercio moderno, della Gdo e dei centri commerciali questa decisione sarà un assist che finirà per aiutare ulteriormente le piattaforme dell’e-commerce. Per i trasgressori fissate multe fino a 12mila euro e in caso di recidiva anche la chiusura dell’esercizio commerciale da uno a dieci giorni.

I contrari

«È proprio nei giorni festivi che registriamo il flusso più elevato di presenze, che contribuisce in modo determinante alla sostenibilità economica degli operatori. Riteniamo che questa iniziativa creerebbe ulteriori asimmetrie competitive tra commercio fisico e le piattaforme di e-commerce, che già possono operare tutti i giorni dell’anno e 24 ore su 24 – avverte Roberto Zoia, presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali (Cncc). Nei centri commerciali lavorano quasi 750mila persone ed è qui che nei giorni festivi si registrano le migliori performance di vendita. «La proposta tiene in considerazione solo alcuni degli effetti che una simile decisione può comportare, senza soffermarsi sulle esigenze dei consumatori, gli interessi delle imprese e le implicazioni sociali ed economiche» aggiunge Zoia. Più tranchant Mario Resca, presidente Confimprese che considera la proposta del tutto «anacronistica, che non tiene conto delle dinamiche del retail e delle esigenze dei consumatori. Rappresenta un ritorno al passato – aggiunge – e un assist formidabile all’online che lavora 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Rischiamo di perdere posti di lavoro e fatturati con ricadute sull’intera filiera, senza contare che i festivi generano il 40% del fatturato dell’intera settimana. Siamo per il libero mercato e la libera concorrenza e faremo di tutto per evitare che la proposta diventi legge».

Pollice verso anche dal Codacons che ritiene la proposta anacronistica, assolutamente sbagliata e pensa che rappresenterebbe un regalo ai giganti dell’e-commerce, a danno dei piccoli commercianti e dei consumatori. «Ok alla necessità di combattere il precariato e lo sfruttamento dei lavoratori – dice il presidente Carlo Rienzi – ma la soluzione non può certo essere un obbligo di chiusura imposto dall’alto».

Le voci a favore

Esprime un parere sostanzialmente favorevole Coop che in una nota esprime la volontà di un confronto nel merito. «Siamo da sempre favorevoli a una migliore conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro – commenta Ernesto Dalle Rive, presidente Ancc-Coop – e di fatto le nostre cooperative osservano già la chiusura nelle principali Festività laiche e religiose dell’anno. Un obbligo di legge andrebbe per quanto ci riguarda a ratificare una situazione già esistente estendendola all’intero comparto del commercio. Naturalmente occorrerà un confronto nel dettaglio per evitare impatti asimmetrici sui diversi operatori e i differenti territori». Negli ultimi anni Coop, per esempio, chiude per Ferragosto i supermercati ad eccezione di quelli che si trovano in zone turistiche. Carlo Buttarelli, presidente di Federdistribuzione è «disposto a collaborare».

Parere positivo dal sindacato Filcams Cgil. «Riteniamo indispensabile un cambio normativa che regolamenti finalmente il settore e che non deleghi alle sole imprese la decisione di aprire o meno in maniera del tutto arbitraria. Al contrario, siamo convinti che questa decisione debba essere il frutto di un processo di concertazione tra sindacati, enti locali e imprese e che dunque tenga conto delle esigenze e dei diritti di tutti – si legge in una nota -. La liberalizzazione delle aperture, del resto, non ha giovato né ai consumatori né alle imprese, spostando semplicemente le vendite dall’infrasettimanale alla domenica e ai festivi. Pesante è stato l’impatto sulle lavoratrici ed i lavoratori – specie dei più fragili – che hanno subito una profonda revisione dell’organizzazione del lavoro».

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