BRUXELLES – I ministri degli Esteri dell’Unione europea discuteranno lunedì prossimo un atteso rapporto preparato dall’Alta Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Kaja Kallas, tutto dedicato alla drammatica situazione a Gaza. Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, la relazione mette in luce probabili violazioni dei diritti umani da parte di Israele, venendo meno allo spirito dell’Accordo di associazione tra lo Stato ebraico e l’Unione europea.

Citando le valutazioni di istituzioni internazionali indipendenti, il Servizio europeo per l’azione esterna afferma che «vi sono indicazioni secondo le quali Israele violerebbe i suoi obblighi in materia di diritti umani» ai sensi dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione UE-Israele, a dire di un diplomatico che ha avuto modo di leggere il rapporto. L’Alta Rappresentante ha preferito a questo stadio non esporsi, stilando possibili opzioni.

Il rapporto era stato chiesto dai Ventisette sulla scia della crisi umanitaria provocata da Israele a Gaza. A favore della relazione si erano espressi 17 governi (Olanda, Francia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Irlanda, Slovenia, Belgio, Lussemburgo, Estonia, Slovacchia, Austria, Spagna, Finlandia, Danimarca e Svezia). Contrari nove paesi (Ungheria, Germania, Italia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Repubblica Ceca e Lituania). Astenuta la Lettonia.

Da allora, la situazione si è fatta più confusa. L’attacco israeliano contro l’Iran della settimana scorsa ha ricompattato almeno in parte il fronte occidentale a fianco dello Stato ebraico, complicando non poco la posizione europea. Spiega un diplomatico: «Mi aspetto lunedì una discussione per lo più interlocutoria. Sarà l’occasione per ciascuna delegazione di capire la posizione dei partner. Di eventuali sanzioni si parlerà probabilmente solo in luglio».

Una strategia graduale fa comodo a tutti. Sia a quelli che hanno dubbi sull’opportunità di sanzionare Israele – sperano di indurre i paesi membri più combattivi a rivedere la propria posizione. Sia a quelli che sono invece convinti di volerlo fare – temporeggiare serve loro in questo incerto contesto a non mettere a repentaglio una decisione in tal senso. Sanzioni personali richiederebbero l’unanimità, mentre per misure commerciali basterebbe la maggioranza qualificata dei paesi membri.

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