L’Italia sta valutando la possibilità di rafforzare le sue capacità militari: si ragione di un piano da 40mila militari, in più da arruolare nell’esercito. Potrebbero essere effettivi e pronti nel giro di 8 anni.

C’è un piano italiano per la difesa che il governo Meloni sta mettendo a punto. Dopo l’accoglimento da parte dei leader europei, durante l’ultimo Consiglio straordinario, al piano ReArm Europe di Ursula von der Leyen, anche l’Italia sta ragionando sulla possibilità di rafforzare la sua capacità militare.

Mentre infatti la premier è alle prese con le spaccature nella sua maggioranza proprio sul piano da 800 miliardi proposto da vin der Leyen, secondo quanto risulta a La Stampa e la Repubblica si parla sostanzialmente di addestrare tra i 30 e i 40 militari in più – ordinari, non riservisti -, aumentare di un terzo la capacità difensiva italiana, arrivare alla soglia di 135mila soldati. Su questi obiettivi starebbe lavorando lo Stato Maggiore della Difesa. I militari aggiuntivi dovrebbero essere pronti nel giro di qualche anno: si parla di un lasso di tempo tra i cinque e gli otto anni.

In vista sopratutto del prossimo Consiglio europeo del 20-21 marzo, la maggioranza di governo dovrà trovare un accordo sulla risoluzione da votare in Parlamento. E al momento le posizioni degli alleati sulla difesa e il riarmo sembrano lontanissime, con Tajani che continua a spingere per restare legati al blocco europeo, e Salvini che continua a dichiararsi contrario al piano ReArm Europe.

“No a militari italiani in Ucraina”: cosa ha detto Meloni al Consiglio europeo straordinario a Bruxelles

Martedì intanto l’Italia parteciperà al vertice di martedì 11 marzo, annunciato giovedì da Zelensky, convocato tra i cosiddetti “volenterosi”, la coalizione di Paesi che intendono inviare soldati in Ucraina a pace raggiunta. L’Italia, come è stato chiarito venerdì, parteciperà alla riunione, ma non come membro della coalizione, da semplice osservatrice. Sarà infatti presente a Parigi il capo di stato maggiore della difesa Luciano Portolano, che parteciperà senza un mandato politico. “Va come osservatore, per una presa d’atto. Non rappresenta una svolta del governo italiano”, fanno spiegato fonti di governo.

Il giorno dopo poi toccherà al ministro Crosetto atterrare a Parigi, per una riunione dei ministri della Difesa convocata dal francese Sebastien Lecornu, alla quale partecipano anche i colleghi di Regno Unito, Germania, Italia e Polonia. Ma per adesso, sull’invio di truppe a Kiev la posizione del governo italiana non è cambiata

Sul punto Meloni era stata chiara al Consiglio Ue di giovedì: l’Italia non manderà militari a Kiev. Lo aveva precisato ai cronisti al termine della riunione: “Ho escluso che possano essere inviati soldati italiani”, aveva detto, dichiarandosi “perplessa” sull’utilità di mandare in generale truppe europee in Ucraina. Oggi il ministro della Difesa, in un’intervista al Corriere della Sera, interpellato sull’ipotesi di inviare truppe italiane a presidiare il confine tra Ucraina e Russia, ha detto che “Questo dibattito è surreale e prematuro allo stesso tempo. Perché la tregua sarà figlia di condizioni che devono andare bene a tutti, e quindi anche ai russi”, ma, ha aggiunto, “Per rispondere alla domanda, su quel confine io presto o tardi vedo l’Onu”, ricordando che “l’Italia ha sempre partecipato alle missioni delle Nazioni Unite”.

E di dibattito prematuro del resto ha parlato anche il Presidente della Repubblica Mattarella, il quale, rispondendo in un’intervista sulla possibilità di mandare a Kiev truppe italiane di peacekeeping, ha detto che “È presto per parlare di truppe italiane in Ucraina”, una posizione in linea con quella tenuta da Palazzo Chigi fino ad ora. “Non siamo ancora a questo punto, non sono neanche iniziati i negoziati di pace e parlare di quello che avverrà come soluzione è totalmente fuori dal momento”, ha spiegato Mattarella. E sembra questa quindi la linea che il governo porterà ai tavoli francesi: nessun impiego di militari italiani finché non vi sia una pace sancita, a meno che non si parli di missione di peacekeeping sotto l’ombrello delle Nazioni Unite, e non con forse esclusivamente composte da militari europei.

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