Il ministro Urso propone di riconvertire l’industria automobilistica italiana verso settori in crescita come la difesa, l’aerospazio e la cybersicurezza, suscitando però polemiche tra sindacati e gruppi politici. Il piano mirerebbe a salvaguardare i posti di lavoro, ma è oggetto di forti critiche per le sue implicazioni etiche e industriali.

Il governo italiano sta esplorando un’idea che ha suscitato molte discussioni: spingere l’industria automobilistica a riconvertirsi verso il settore della difesa. L’industria dell’auto sta affrontando infatti da tempo una grave crisi, causata dalla transizione verso i veicoli elettrici e dalla difficoltà di grandi gruppi come, per esempio, Stellantis. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha spiegato che la proposta mirerebbe a “salvaguardare e valorizzare le competenze dei lavoratori” del settore, indirizzandoli verso settori in espansione, come la difesa, l’aerospazio, la blue economy e la cybersicurezza. L’obiettivo, secondo il ministro, sarebbe quello di diversificare e riconvertire l’attività delle aziende automobilistiche, sfruttando le loro capacità tecniche e il capitale umano già formato.

Le reazioni sindacali alla proposta

La proposta del governo ha suscitato forti reazioni tra i sindacati: la Fiom-Cgil, che rappresenta i lavoratori del settore, ha risposto negativamente, definendo l’idea “assurda”; Samuele Lodi, responsabile del settore mobilità, ha dichiarato che passare “dal green al militare” sarebbe una scelta errata dal punto di vista etico, industriale e occupazionale. La Fiom ritiene insomma, che il governo stia cercando di risolvere i problemi del settore in modo poco adeguato. In contrasto, la Fim-Cisl ha mostrato una posizione più favorevole, sebbene cauta. Il segretario generale Ferdinando Uliano ha riconosciuto che ci sono opportunità nei settori in crescita, ma d’altra parte ha chiarito che la Cisl è contraria alla chiusura di impianti automobilistici per fare spazio a produzioni di tipo militare.

Il Movimento Cinque Stelle e le critiche alla proposta

Il Movimento Cinque Stelle ha lanciato dure critiche contro il piano di riconversione industriale: la vicepresidente Chiara Appendino ha definito l’idea “una follia”, sostenendo che con il pretesto di salvaguardare i posti di lavoro, il governo sta cercando di trasformare l’Italia in un’economia di guerra e ha poi aggiunto che “le armi chiamano armi” e che la corsa agli armamenti porta inevitabilmente alla guerra, che è causa di “distruzione e morte”. Anche il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli, ha criticato severamente la proposta, ironizzando sul fatto che il governo stia cercando di riconvertire l’industria automobilistica in un’industria bellica: “Onestamente non sappiamo nemmeno più come commentare le sortite del Ministro Urso. Oggi, giorno in cui raggiunge l’ineguagliato primato del secondo anno consecutivo di calo della produzione industriale, 24 mesi di caduta libera costante, il Ministro Urso s’immagina una riconversione di filiera che da componentistica per automobili dovrebbe virare verso la produzione di armi. Proposta subito bocciata dalle sigle industriali di riferimento, è una tragicommedia. Evidentemente a loro non piace l’idea di immettere sul mercato la prima Alfa Romeo dotata di missili anticarro. Neppure a noi”.

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Su questo tema si è espresso anche Giuseppe Conte: “Questi incapaci al Governo sono peggio delle cavallette, ma nessuno chiede scusa o si dimette”, attacca il leader del M5s, “Pensano solo a investire 30-35 miliardi a debito in più in armi. Addirittura il Ministro Urso pensa a come trasformare la filiera dell’automotive per passare magari dalla produzione di automobili a carriarmati e missili! In queste settimane il Movimento 5 Stelle avvierà incontri urgenti con le imprese, con le rappresentanze delle grandi aziende e delle tantissime piccole e medie imprese dimenticate da Palazzo Chigi: bisogna portare con grande forza la loro voce in Parlamento e fermare questa crisi”.

“Urso è un ministro con l’elmetto, parla delle attività economiche come se stesse giocando con i carri armati dei bimbi. La trovata di incentivare le dismissioni delle industrie automobilistiche riconvertendole nel settore della difesa è agghiacciante per la sua mancanza di etica e perché è priva anche di un ragionamento economico. Non lo sfiora l’idea di usare risorse per il benessere della popolazione”, ha invece dichiarato la capogruppo di AVS alla Camera Luana Zanella.

Il piano di riconversione: 2,5 miliardi per il triennio 2025-2027

Nonostante le critiche, il governo ha comunicato che per il triennio 2025-2027 sono previsti 2,5 miliardi di euro per la riconversione del settore automobilistico. Il ministro Urso ha specificato che la maggior parte dei fondi, circa 1,8 miliardi, saranno destinati a contratti di sviluppo e innovazione, mentre il resto verrà utilizzato per altre iniziative di riqualificazione. La Fiom ha tuttavia definito queste risorse “insufficienti”, in particolare in seguito ai tagli significativi previsti dal governo alla legge di stabilità, che ridurrebbero i fondi per il settore automobilistico dell’80%.

Un dibattito internazionale sulla riconversione del settore automobilistico

La discussione sulla possibilità di riconvertire l’industria automobilistica verso la difesa non riguarda solo l’Italia. In Germania, ad esempio, Volkswagen ha dichiarato di essere disposta a valutare la produzione di veicoli militari, dimostrando che questa è una questione dibattuta anche a livello internazionale. L’idea di far collaborare l’automotive con l’industria bellica solleva tuttavia forti preoccupazioni etiche e sociali, come evidenziato dalle critiche dei vari gruppi e sindacati.

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