Qualche giorno fa vi avevamo raccontato come il cellulare del nostro direttore, Francesco Cancellato, fosse stato segnalato da META fra quelli “targeted” da uno spyware prodotto dall’azienda Paragon Solutions, di fondazione israeliana e da poco proprietà di un fondo statunitense. Come vi avevamo spiegato qui, una comunicazione del servizio sicurezza di Whatsapp avvertiva il direttore Cancellato di aver “interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo”, assieme a quello di circa 90 giornalisti e attivisti in tutto il mondo.

Ulteriori indagini svolte dal nostro giornale, da analisti indipendenti e da media internazionali, stanno però portando alla luce un quadro estremamente inquietante. Perché non solo le preliminari verifiche tecniche e i riscontri di META/Whatsapp confermano che il direttore sia tra gli “spiati”, ma ci sono novità importanti che arrivano direttamente dall’azienda che produce lo spyware utilizzato. Paragon Solutions, in effetti, è una società piuttosto nota nel campo in cui opera per aver sempre rivendicato un approccio, per così dire, etico. L’azienda, nel cui cda figura anche l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, ha sempre dichiarato di vendere la propria tecnologia esclusivamente ai governi di Paesi democratici, con obiettivi ben specifici, dal contrasto al terrorismo a gravi minacce alla sicurezza interna.

E qui le cose cominciano a farsi piuttosto interessanti. O meglio, inquietanti.

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Perché con una dichiarazione riportata da Techcrunch a firma del suo presidente esecutivo, l’americano John Fleming, l’azienda produttrice dello spyware Grahpite  non ha smentito quello che già articoli e fonti interne all’azienda avevano affermato: che l’Italia sia tra gli acquirenti e utilizzatori di questo strumento con cui si può entrare nei telefoni delle persone, semplicemente inviando un pdf su Whatsapp. “Paragon concede in licenza la sua tecnologia a un gruppo selezionato di democrazie globali, principalmente agli Stati Uniti e ai suoi alleati”, ha affermato Fleming, ribadendo che la propria azienda “richiede che tutti gli utilizzatori rispettino le condizioni di utilizzo del software, che esplicitamente proibiscono di colpire giornalisti e altri membri della società civile”. Pur non confermando se stiano procedendo a dismettere i contratti con i trasgressori e non dando ulteriori dettagli su quali siano questi “stati alleati degli USA”, il presidente esecutivo di Paragon aggiunge: “Abbiamo una politica di tolleranza zero con chi mette nel mirino giornalisti e attivisti, chiuderemo la collaborazione con qualunque soggetto che avesse violato i nostri termini di servizio”.

Già lunedì scorso questa evidenza era emersa sul giornale israeliano Ynet, in un articolo a firma del giornalista Tal Shahaf, in cui si leggeva, testualmente, che “in particolare, il governo italiano è cliente di Paragon” e che la stessa azienda co-fondata da Ehud Schneorson, ex capo dell’agenzia di sicurezza nazionale israeliana, avrebbe tagliato “i legami con qualsiasi organo di controllo che fosse sospettato di aver agito contro individui non sospettati di crimine o terrorismo”. Articolo che citava fonti interne all’azienda e che non è mai stato smentito da Paragon.

Le domande ancora senza risposta da parte del governo italiano

In poche parole, dunque. Il nostro direttore scopre di essere stato vittima di un attacco informatico, per il tramite di un software che consente all’utilizzatore di prendere il totale controllo del cellulare e di avere accesso a tutte le informazioni presenti. L’attacco avviene tramite una falla di sicurezza di Whatsapp. Meta, nel correggere il bug, diffida l’azienda produttrice del software dal ripetere simili azioni. L’azienda è l’israeliana Paragon, che conferma di vendere lo spyware a poche “democrazie selezionate”, esclusivamente Stati alleati degli USA. Fonti interne a Paragon, non smentite, confermano che l’Italia sia tra i clienti. Alla richiesta di un confronto sulla vicenda, non abbiamo ricevuto risposte da Palazzo Chigi, così come non ne ha avute TechCrunch, che pure ha provato a contattare fonti del nostro governo.

La presenza dell’Italia tra i clienti di Paragon è centrale nella ricostruzione di questo caso, proprio perché tra i circa novanta giornalisti e attivisti spiati da Graphite c’è il direttore di una testata che negli ultimi mesi si è resa protagonista di inchieste come Gioventù Meloniana che hanno creato forte imbarazzo in Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. E, a quanto risulta a Fanpage.it, ci sono anche attivisti e membri della società civile che hanno espresso posizioni fortemente critiche nei confronti delle politiche del governo.

Non può finire qui, però. Non può essere così semplice, ci sono risposte che il nostro governo deve darci.

In primo luogo, l’Italia è cliente dell’azienda Paragon Solutions?

Il governo può ufficialmente smentire di aver acquistato spyware o tecnologie informatiche da tale azienda?

Il governo può ufficialmente smentire di aver spiato il direttore di un giornale che ha fatto inchieste sui partiti di governo con un software che, in teoria, dovrebbe essere usato per catturare terroristi, mafiosi e trafficanti di droga?

Il governo può ufficialmente smentire di aver usato questa tipologia di attacchi informatici per spiare altri attivisti e membri della società civile?

E, se l’Italia non c’entra nulla, quali iniziative intende prendere il governo italiano per tutelare i propri concittadini da questo genere di azioni?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell’area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.

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