La linea zinco, così come quella del piombo, deve ripartire. Con o senza Glencore. Il messaggio parte dalla sala assemblee della Portovesme srl, l’azienda controllata dalla Glencore, che opera nel polo industriale del Sulcis (Portovesme) dove alle 11 del 27 dicembre arriva il ministro Adolfo Urso assieme alla ministra del Lavoro Elvira Calderone, alla sottosegretaria Fausta Bergamotto, oltre che alla presidente della Regione Alessandra Todde affiancata dagli assessori Emanuele Cani (Industria) e Desiré Manca (Lavoro). L’argomento è quello della fermata della linea zinco, avvenuta a quasi tre anni di distanza da quella del piombo dello stabilimento metallurgico dove, oggi, continua l’attività dei forni Waelz, impianti in cui vengono trattati i residui delle acciaierie.

Una risposta necessaria

«Ci siamo ritrovati tutti insieme qui oggi – esordisce Urso – per dare una prima risposta necessaria alle decisioni che l’azienda ha assunto unilateralmente senza comunicarci prima, come doveroso, di voler spegnere l’attività della linea di zinco anticipatamente rispetto a quanto avevamo insieme concordato». Guardando al polo industriale, ma sopratutto ai programmi per il futuro che riguardano sia l’isola sia il panorama nazionale, il ministro aggiunge: «Noi ci siamo, abbiamo comunicato all’azienda che la decisione assunta era per noi inaccettabile nel merito e nel metodo, perché riteniamo che la linea zinco sia strategica e l’area Sulcis importante per il nostro Paese».

Tre strade per salvare le produzioni

La strada da seguire è quella che ha visto arrivare a soluzione altre vertenze come «Termini Imerese, l’Ilva, Piombino e Sanac». Quindi la proposta di un patto con lavoratori e sindacati e tre strade da seguire, ma con un unico obiettivo: garantire le produzioni e i livelli occupazionali. Primo passo, «è chiedere alla multinazionale Glencore di rivedere i suoi piani industriali e continuare a produrre zinco e piombo qui a Portovesme, perché sono produzioni strategiche anche per realizzare il programma nucleare di terza e quarta generazione avanzata – sottolinea il ministro nella sala assemblee -. Se intendono farlo il Governo e le altre istituzioni saranno con loro per rendere competitivo lo stabilimento del Sulcis». In caso di risposta negativa la seconda opzione: l’ingresso di una nuova attività imprenditoriale per continuare la produzione. E poi una terza via, nel caso tutto andasse male, con l’insediamento di nuove attività. All’orizzonte, comunque, non possono esserci ammortizzatori sociali ma occupazione.

Lavoro, non ammortizzatori sociali

Lo ribadisce anche la ministra del Lavoro Elvira Calderone: «Il nostro obiettivo è quello di garantire a questa azienda un lavoro che poi possa essere utile e produttivo anche per altri grandi, grandissimi progetti che abbiamo in campo». Non solo: «Il Ministro Urso vi ha detto che io sono orgogliosa di collaborare insieme al collega per tutte quelle iniziative che abbiamo messo in campo in altre realtà del nostro paese che vivevano delle crisi complesse». Poi gli esempi: «Eppure ci siamo riusciti e guardate ciò che sta avvenendo oggi in Ilva, probabilmente nessuno l’avrebbe mai potuto pensare o soprattutto nessuno avrebbe mai potuto pensare che un governo avesse una determinazione così importante nel non consentire a un imprenditore di decidere di spegnere quello che è l’impianto che produce la maggior quantità di acciaio di cui disponiamo in Europa, perché poi questa è la dimensione».

La Regione

A puntare i fari sull’azienda è la presidente della Regione Alessandra Todde: «Le Istituzioni sono unite in difesa del territorio e per la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro. Oggi vogliamo dare una prima risposta forte e necessaria vista la scelta non comunicata della Glencore di voler spegnere l’attività della linea di zinco anticipatamente rispetto a quanto avevamo insieme concordato. Abbiamo le carte che dicono delle cose molto precise e le faremo pesare in tutte le sedi opportune». Dai sindacati (Fausto Durante della Cgil, Pierluigi Ledda della Cisl e Daniela Piras della Uiltec nazionale) l’auspicio che «l’incontro non serva a fare passerella ma abbia un seguito».

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