Il consumo di suolo rallenta ma avanza ancora a ritmi importanti: 20 ettari ogni 24 ore, sopra la media decennale e nel 2023 la riduzione dell’ “effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, è costata al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Sono queste due delle principali evidenze che emergono dal Rapporto dell’Ispra, un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima. Complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, e solo in piccola parte compensato dal ripristino di aree naturali. Cambia anche la classifica dei comuni “Risparmia suolo”, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (Mi) e Massa Fermana (Fm). Complessivamente nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 km2 dei quali l’88% su suolo utile; aumentano anche le impermeabilizzazioni permanenti – 26kmq in più rispetto all’anno precedente – con una cancellazione irreversibile del suolo . Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei comuni classificati come “urbani” secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law). Regolamento che a partire da quest’anno prevede in alcune aree di recuperare superfici naturali e alberi, aree dove invece ad oggi si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146ettari) e piazzali asfaltati (+97ettari). La disponibilità di aree verdi è dunque in calo costante: meno di un terzo della popolazione urbana può raggiungere almeno mezzo ettaro di verde pubblico entro 300 metri a piedi.
Valle d’Aosta è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria : sono le uniche regioni a tenersi al di sotto dei 50 ettari di suolo consumato. Nell’ultimo anno l’aumento maggiore si è registrato in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815),Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia(+521). Escludendo le aree ripristinate (operazione da cui si ricava il consumo di suolo netto) segnano gli aumenti maggiori Emilia-Romagna (+735 ettari), Lombardia (+728), Campania (+616),Veneto (+609), Piemonte (+533) e Sicilia (+483).
Per la prima volta a Roma, il comune con la maggior superficie d’Italia, si consuma meno suolo del solito, con un calo significativo – da +124 ettari a + 71 – dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti, ma si conferma tra i comuni con il consumo di suolo più alto, insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna (+89 ettari), secondo comune per superficie totale in Italia. Nel 2023 la logistica ricopre altri 504 ettari in un solo anno, mentre la grande distribuzione e le strutture di e-commerce contribuiscono rispettivamente per il 20% e il 17%. Complessivamente, sottolinea l’Ispra, se si considera la perdita del suolo avvenuta non solo nell’ultimo anno, ma nel periodo tra il 2006 e il 2023, l’impatto economico viene stimato tra 7miliardi e 9 miliardi di euro annui. Il valore perso di stock (ossia la perdita assoluta di capitale naturale) dello stesso periodo varia tra 19 e 25 miliardi di euro.