La nuova frontiera dell’intelligenza artificiale è fisica. Si tratta di realizzare modelli “incarnati” che sappiano leggere l’ambiente intorno a loro per prendere decisioni e agire. Tecnologie pensate per essere valorizzate da tutte le filiere industriali della robotica. Saranno ovviamente fondamentali per le auto che ci guidano da sole, veri e propri robot su ruote. E saranno essenziali per tutti gli automi, specializzati o generalisti, umanoidi o ispirati ad altre forme. Per l’Italia è una frontiera decisiva. Come l’affronterà la robotica industriale italiana? Come la esploreranno le case automobilistiche rimaste in Italia? E come la interpreteranno le piccole e medie manifatture italiane?
Se ne occupa a fondo l’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale per l’Industria (AI4I), la fondazione di Torino pensata per accelerare la crescita delle competenze nazionali, appunto, nelle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale. Ieri alle OGR di Torino, è stato questo l’argomento del primo seminario pubblico del CSP IAS, l’Institute for Advanced Study creato all’interno dell’AI4I grazie alla Fondazione Compagnia di San Paolo. Hanno parlato Marco Pavone neo presidente del Comitato scientifico di AI4I, professore associato di Aeronautics e Astronautics alla Stanford University e Senior Director Autonomous Vehicle Research a NVIDIA, e Riccardo Mariani, Vice President, Safety, di NVIDIA.
Pavone è pragmatico. Nel mondo dell’intelligenza artificiale fisica Stati Uniti e Cina sono più avanti ma per l’Europa, e l’Italia, ci sono opportunità importanti. Ma occorre comprendere quello che sta succedendo. Come si pone la robotica industriale europea in questo contesto? «I robot industriali sono un business noto, che vale molti miliardi. Ma i robot umanoidi sono un business potenziale da migliaia di miliardi» spiega Pavone. «In questo contesto, gli spazi sono importanti per costruire infrastrutture e applicazioni molto redditizie e ci sono ottime opportunità anche per gli italiani».
Certo si tratta di cambiare. «Uno dei punti di forza dei produttori di robotica industriale si trova nel fatto che in tanti anni di esperienza hanno accumulato una conoscenza e una quantità di dati eccezionale, che potrebbe rivelarsi essenziale per lo sviluppo dei nuovi modelli». E le auto sportive che si producono in Italia? «Conosco bene quelle aziende. Probabilmente vorranno introdurre sistemi semi automatici, ma non sostituire l’esperienza del pilota». Si tratta di sistemi di ausilio alla guida, che aumentano la sicurezza, ma non consentono di affidare completamente la guida alla macchina. «Il business delle auto del tutto autonome si sta sviluppando piuttosto nella forma di nuovi servizi pubblici di trasporto, come nel caso dei taxi senza taxista di San Francisco, Los Angeles e Phoenix». Sviluppi coerenti con la strategia di chi concepisce l’intelligenza artificiale come una tecnologia infrastrutturale che Pavone ritiene vincente. Le maggiori opportunità vanno ricercate in questo contesto: probabilmente offrendo sorgenti di dati, competenze meccaniche specialistiche, design, idee applicative tutte da immaginare.
In questo contesto, i large language models (llm), sono le forme di intelligenza artificiale che negli ultimi anni hanno conosciuto il massimo sviluppo. E possono servire anche alla robotica. «Le applicazioni degli llm in questo settore vanno dalla scrittura di software per i sistemi di bordo dei robot alla dotazione di sistemi di ragionamento sofisticato per affrontare situazioni complesse. Possono persino diventare utili come sistemi di controllo paralleli, per sorvegliare l’efficienza degli autopiloti e riconoscere le anomalie».