Un Election day per far coincidere la data del voto ai referendum abrogativi sul lavoro e sulla cittadinanza con la tornata di amministrative previste in primavera: è la richiesta che verrà avanzata oggi dai comitati promotori al Governo, nell’incontro fissato alle 15,30 a palazzo Chigi, che sarà preceduto da un presidio davanti alla Camera, come hanno anticipato il leader della Cgil, Maurizio Landini e il segretario di Più Europa Riccardo Magi in una conferenza stampa.
La prima richiesta: consentire di votare a 5 milioni tra fuori sede e italiani all’estero
L’altra richiesta del comitato promotore è di garantire il diritto al voto ai fuori sede, ovvero a chi studia o lavora in un comune diverso da quello in cui ha la residenza, così come a tutti gli italiani all’estero che devono essere messi nelle condizioni di esercitare il loro diritto al voto: una platea complessivamente stimata intorno ai 5 milioni. «L’Italia è l’unico Paese a non consentirlo, in compagnia di Malta e Cipro che però sono due isole» ha spiegato Magi in conferenza stampa.
Terza richiesta: l’adeguata informazione da garantire attraverso spazi televisivi concessi dalla Rai, sono le altre due principali richieste. «La commissione di Vigilanza Rai è bloccata da un singolare ostruzionismo della maggioranza, ma ha degli obblighi di informazione – ha aggiunto Magi-. Ci siamo rivolti anche all’ad Rai che probabilmente vedremo all’inizio della prossima settimana».
Landini ha rivolto un appello ai partiti: «Mi auguro che tutte le forze politiche invitino a votare – ha detto-. Troverei anti-democratico dire di non andare a votare. Sarebbe un atto grave». Uno dei 5 referendum prevede il dimezzamento da 10 a 5 degli anni di residenza legale in Italia necessari ai cittadini extra Ue per presentare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe trasmessa ai figli minorenni.
Cosa prevedono i quattro referendum della Cgil
Il primo dei quattro quesiti su cui la Cgil ha raccolto 4 milioni di firme è il referendum abrogativo del “cuore” del Jobs act, vale a dire il Dlgs 23 del 2015, che ha introdotto le “tutele crescenti” nei casi di licenziamento illegittimo, normativa in larga parte già “fortemente ridimensionata dalla giurisprudenza. Il referendum mira – nelle parole del giudizio di ammissibilità della Consulta – «all’abrogazione di un corpus organico di norme e funzionale alla reductio ad unum , senza più la divisione tra prima e dopo la data del 7 marzo 2015, della disciplina sanzionatoria dei licenziamenti illegittimi, con la riespansione della disciplina pregressa, valevole per tutti i dipendenti», a prescindere dalla data della loro assunzione. Il Jobs Act ha introdotto il contratto a tutele crescenti, impedendo la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamenti ingiustificati di lavoratori assunti dopo marzo del 2015, sostituendola con il pagamento di un indennizzo, la cui entità è stata oggetto di ripetuti interventi della giurisprudenza.