Rafa Nadal ripercorre i momenti più difficili della sua carriera, compresi i momenti difficili sia dal punto di vista fisico che da quello mentale.

È difficile pensare ad un tennis senza Rafa Nadal. Quello che è stato uno dei campioni sportivi più iconici di sempre ha deciso di ritirarsi, ed è pronto a vivere il secondo tempo della sua vita in cui la racchetta e la pallina avranno sempre un posto privilegiato. Nel suo lungo e sofferto congedo Nadal si è guardato indietro ricongiungendo gli anelli della sua fortunata carriera. Un’occasione anche per tornare su quelli che sono stati i momenti più difficili, rivelatisi più importanti forse di quelli relativi ai trionfi.

Nadal racconta i problemi fisici e i rischi di non giocare più a tennis

In un significativo racconto al The Player Tribune, dal titolo “Il dono”, Nadal ha spiegato come la sua storia sportiva sia stata contraddistinta da momenti difficili. Il primo è arrivato già in giovane età, quando ha rischiato seriamente di dire addio al suo sogno a causa della Sindrome di Mueller-Weiss, ovvero un’alterazione ossea e cartilaginea al piede.

Rafa si è confrontato con la possibilità di non poter giocare più a tennis: “Si passa dalla gioia più grande, al risveglio la mattina dopo senza riuscire a camminare. Ho trascorso molti giorni a casa a piangere, ma è stata una grande lezione di umiltà e sono stato fortunato ad avere un padre, la vera influenza che ho avuto nella mia vita e che è sempre stato così positivo: ‘Troveremo una soluzione. E se non lo facciamo, ci sono altre cose nella vita al di fuori del tennis’. Sentendo quelle parole, riuscivo a malapena a elaborarle, ma grazie a Dio, dopo tanto dolore, interventi chirurgici, riabilitazione e lacrime, è stata trovata una soluzione e per tutti questi anni sono riuscito a lottare in campo”.

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Le difficoltà prima delle partite, quello che non si è visto di Rafa Nadal

Dai problemi fisici, alle difficoltà psicologiche. Anche Nadal nonostante un’immagine da “agonista perfetto”, ha dovuto fare i conti con l’ansia. Un qualcosa di invisibile agli occhi per tutti: “Per 30 anni, l’immagine che trasmettevo al mondo non era sempre quella che sentivo dentro. Sono sempre stato nervoso prima di ogni partita che ho giocato. Ogni sera prima di giocare, andavo a letto con la sensazione che avrei potuto perdere. Nel tennis, la differenza tra i giocatori è molto sottile, e tra i rivali ancora di più. Quando giochi, può succedere di tutto, quindi tutti i tuoi sensi devono essere svegli, vivi. Quella sensazione: il fuoco interiore e i nervi, l’adrenalina di giocare e vedere un campo pieno, è una sensazione molto difficile da descrivere”.

C’è stato però un momento in cui Nadal ha pensato addirittura di smettere. Non un problema fisico, ma la necessità di “purificare” la propria mente: “Per la maggior parte della mia carriera, sono stato bravo a controllare queste emozioni. Con un’eccezione. Ho attraversato un momento molto difficile, mentalmente, qualche anno fa. Ero abituato al dolore fisico, ma ci sono stati momenti in campo in cui avevo difficoltà a controllare il respiro e non riuscivo a giocare al massimo livello. Ora non ho più problemi a dirlo. Dopotutto, siamo esseri umani, non supereroi. La persona che vedi al centro del campo con un trofeo è una persona. Esausta, sollevata, felice, grata, ma solo una persona. Ci sono stati mesi in cui ho pensato di prendermi una pausa completa dal tennis per purificare la mia mente. Alla fine, ci ho lavorato ogni giorno per migliorare. L’ho superato andando sempre avanti e lentamente sono tornato me stesso. La cosa di cui sono più orgoglioso è che potrei aver avuto difficoltà, ma non ho mai mollato. Ho sempre dato il massimo”.

Il tennis come metafora della vita per Nadal

Il tennis d’altronde altro non è che una metafora della vita, che non è tutta rosa e fiori. Ecco perché lo sport può essere un ottimo insegnante: “Il più delle volte, non vinci il torneo a cui giochi. Non importa chi sei, alla fine di molte settimane, hai perso. La vita reale è la stessa. Impari a convivere con i momenti di gioia e con quelli di dolore, e cerchi di trattarli allo stesso modo. Nei momenti belli, non ho mai pensato di essere Superman, e nei momenti brutti, non ho mai pensato di essere un fallito. Ciò che ti fa crescere come persona è la vita stessa: i fallimenti, i nervi, il dolore, la gioia, il processo di svegliarsi ogni giorno e cercare di essere un po’ migliore per raggiungere i propri obiettivi. In fondo, quando tutto è detto e fatto, si riceve ciò che si dà”.

L’orgoglio più grande? Non quello di avere sempre vinto, ma quello di non avere mai mollato: “Spero che la mia eredità sia quella di aver sempre cercato di trattare gli altri con profondo rispetto. Questa era la regola d’oro dei miei genitori. Quando ero bambino, mio ​​padre mi diceva sempre: “Inventare è difficile. Copiare è molto più facile”. Non stava parlando di tennis. Parlava della vita. Guardati intorno e nota le persone che ammiri. Come trattano le persone. Cosa ami di loro. Comportati come loro e probabilmente vivrai una vita felice. Ho portato con me quella lezione in ogni partita che ho giocato. Non ero spinto dall’odio per i miei rivali, ma da un profondo rispetto e ammirazione. Ho semplicemente cercato di svegliarmi ogni mattina e migliorare un po’, così da poter tenere il passo con loro. Non ha sempre funzionato! Ma ci ho provato… Ci ho sempre provato”.

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