Cosa non ha funzionato al Milan in questa stagione? Perché la piega presa da questo campionato è stata deludente, la risposta è tra le righe delle riflessioni di Paolo Maldini sui rossoneri e non solo.

Per guardare al futuro è necessario tornare al passato. Di quello recente Paolo Maldini ne ha fatto tesoro ancora una volta. Ne ha sempre avuta la giusta percezione, consapevole che il suo cognome poteva rappresentare un problema in quel Milan che per lui è (stato) tutto. E che ha scelto di affidarsi a un altro profilo per ridisegnare l’assetto dirigenziale. Zlatan Ibrahimovic sì, lui no. Questione (anche) di feeling che con la proprietà americana s’è consumato in fretta oppure non c’è mai stato abbastanza.

Quanto possa essere difficile, l’ex capitano lo ha provato sulla propria pelle: “Quando non ti danno l’occasione è perché probabilmente il tuo passato è ingombrante e la gente lo sa – le parole dell’ex calciatore -. C’è una cosa che ho sempre detto quando mi hanno chiamato: Ma siete sicuri? Perché devi essere consapevole dei pro e dei contro. A me piace giocare a carte scoperte”. 

Le sue (e quelle del direttore sportivo, Massara, che pure andò via un anno fa) non sono più piaciute alla presidenza che in mente aveva altro, una visione e una gestione inconciliabili, tali da portare allo strappo definitivo della scorsa estate scandito da contestazioni e obiezioni che tracciarono una linea spartiacque. E se qualcosa non ha funzionato in questa stagione, se la piega presa da questo campionato è stata deludente, la risposta è tra le righe. “Quello che abbiamo creato non è stata solo una squadra vincente – ha aggiunto Maldini -, ma anche tante relazioni con i giocatori. Ne sono arrivati circa 35 anni in 5 anni, con ognuno di loro si è creato un rapporto speciale. E quando vedo la fascia sinistra del Milan è sinceramente uno spettacolo”.

Cosa serve all’Inter per vincere lo Scudetto oggi nel derby contro il Milan

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Già, Theo Hernandez e Leao: gli stessi che quando l’ex dirigente annunciò la chiusura della collaborazione con la società (e con lui il diesse con il quale aveva lavorato all’unisono) restarono sorpresi perché in fondo uno scudetto vinto e un ritorno in Champions League potevano essere un trampolino di lancio e invece si sono trasformati in una stagione deludente assai, scandita dal silenzio del Meazza e dal pubblico che volta le spalle abbandonando addirittura lo stadio in anticipo (come accaduto contro il Genoa).

Un’anima e un’identità assieme a una strategia precisa. L’Inter le ha avute e conservate, rafforzate e ha saputo creare le condizioni affinché i calciatori si sentissero coinvolti anche a livello emozionale. Non basta la consapevolezza della propria forza, serve anche dell’altro: quella magia che lega le diversità, le qualità e le trasforma in una miscela sapida di successo. Il Milan invece no, è diventato altro. Maldini è certo che la differenza è anzitutto in questo aspetto che fa tutta la differenza, tanto da citare anche un esempio tangibile: ovvero, il tonfo fragoroso del Napoli campione d’Italia.

“Quello che è successo è indicativo. L’Inter ha una struttura sportiva che determina il futuro dell’area sportiva stessa. È stata gratificata con contratti a lunga scadenza, c’è stata un’idea di strategia. Infatti, il Napoli è andato male dopo gli addii di allenatore e direttore sportivo. Si dà poca importanza alla gestione del gruppo, a volte si considerano i giocatori come macchine che devono produrre qualcosa, ma per farlo servono persone che li aiutino a farlo”.

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