Ad aprile l’inflazione core ha raggiunto il livello più alto degli ultimi due anni, attestandosi al 3,5%, ben oltre l’obiettivo del 2% fissato dalla BoJ. Tra le cause principali c’è anche un’impennata (+7%) dei prezzi dei beni alimentari – nonostante il dato core per sua natura non tenga conto dei prodotti freschi, una voce molto volatile in un Paese importatore come il Giappone.

Dopo decenni di deflazione, la BoJ lo scorso anno si era imbarcata in un percorso di normalizzazione della sua politica monetaria che l’aveva spinta ad alzare i tassi tre volte a partire da marzo 2024. Un tragitto che è stato modificato dall’annuncio di “dazi reciproci” fatto dal presidente statunitense Donald Trump, lo scorso 2 aprile alla Casa Bianca.

Di fronte all’impatto sull’economia mondiale delle politiche protezionistiche americane, nella sua precedente riunione di politica monetaria, la BoJ – oltre a lasciare i tassi invariati – aveva anche rivisto al ribasso le previsioni sia per il tasso l’inflazione sia per quello di crescita del Pil.

Dal prossimo anno freena il tapering sugli acquisti di titoli di Stato

La BoJ ha anche pubblicato una valutazione intermedia del piano di riduzione degli acquisti di titoli di Stato giapponesi, annunciando un rallentamento nel ritmo di tali riduzioni. Attualmente, la banca centrale riduce gli acquisti trimestrali di 400 miliardi di yen (circa 2,76 miliardi di dollari) ogni trimestre. Da aprile 2026 il ritmo si abbasserà a 200 miliardi di yen.

La banca centrale ha iniziato a ridurre gli acquisti di titoli di Stato giapponesi nell’agosto 2024. Con circa il 52% del totale, la BoJ è il maggior detentore di obbligazioni governative nipponiche.

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