La Giornata mondiale dell’ambiente si celebra ogni anno il 5 giugno: istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 per promuovere la consapevolezza e l’azione a livello mondiale a favore dell’ambiente, è dedicata quest’anno al contrasto dell’inquinamento da plastica, con incontri e iniziative in tutto il mondo. Il tema non è casuale: tra due mesi, dal 5 al 14 agosto 2025, a Ginevra si continuerà a negoziare un trattato globale proprio sull’inquinamento da plastica.

Global Plastic Treaty

Nel marzo 2022, durante l’Assemblea per l’Ambiente delle Nazioni Unite (Unea), è stata infatti adottata una risoluzione storica per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per cercare di porre fine all’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino: è partito il percorso verso il Global Plastic Treaty. È stato quindi istituito un Comitato negoziale intergovernativo (Inc) per la definizione della norma, con un approccio che affronti l’intero ciclo di vita della plastica, inclusi produzione, progettazione e smaltimento. Tre i punti principali: ridurre la quantità di plastica che ogni anno viene prodotta, eliminare le sostanze chimiche nocive per la salute umana, identificare fondi per aiutare i Paesi in via di sviluppo nella gestione dei rifiuti.

I negoziati sono iniziati nella seconda metà del 2022 e l’ultima sessione si è tenuta a Busan (Corea del Sud) a fine 2024, proprio il Paese che ospita la Giornata mondiale dell’ambiente 2025. A Busan non si è trovato un accordo, a causa dell’opposizione di un gruppo di paesi produttori di petrolio, da cui deriva la plastica. Ora gli occhi si spostano su Ginevra.

Le iniziative

In Italia Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, è impegnata in vari progetti per contrastare l’inquinamento della plastica, in particolare in mare: «Ogni anno circa 100mila mammiferi e un milione di uccelli marini muoiono a causa dell’intrappolamento all’interno delle reti da pesca abbandonate o dopo aver ingerito i frammenti che esse rilasciano in mare», si legge in una nota dell’istituto: «L’86% dei rifiuti marini rinvenuti sui fondali è riconducibile ad attività di pesca, con una netta prevalenza di lenze, cime e reti abbandonate, perse o dismesse. Le reti fantasma rappresentano, quindi, una delle forme più insidiose di inquinamento marino». E ancora: «Il loro deterioramento in minuscoli frammenti genera, inoltre, il rilascio di microplastiche che vengono ingerite dagli animali e finiscono, di conseguenza, nella catena alimentare».

Ispra è soggetto attuatore del progetto Pnrr Mer (Marine Ecosystem Restoration): 400 milioni per varie azioni tra cui il ripristino e la protezione di habitat marini (come la ricostruzione di banchi di ostrica piatta europea in Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo, dopo che l’85% di quelli naturali si stima sia andato perduto), l’individuazione ed il ripristino di almeno 15 aree dove sono stati localizzati attrezzi da pesca e/o di acquacoltura abbandonati, la mappatura degli habitat costieri italiani (compresa la cartografia aggiornata della posidonia oceanica) e degli ecosistemi marini.

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