Un’apertura condizionata, con marcia indietro nel giro di qualche ora. Ieri mattina, il leader della Cdu, Friedrich Merz, si è detto disponibile a modificare il freno all’indebitamento, incastonato nella Costituzione tedesca, ma solo per le esigenze di investimento della Germania. Il tema è molto delicato: la coalizione Semaforo si è spaccata anche per i contrasti sul punto tra Spd e Verdi, da un lato, e i rigoristi Liberali, dall’altro. E infatti, nel pomeriggio di ieri, una fonte vicina a Merz ha fatto sapere che il probabile futuro cancelliere non ha intenzione di riformare il meccanismo.
Sotto esame
Il freno all’indebitamento limita il deficit pubblico strutturale allo 0,35% del Pil. Sono possibili, e sono state fatte, eccezioni in situazioni straordinarie. I cristiano-democratici, in netto vantaggio nei sondaggi, hanno sempre difeso la regola, introdotta nel 2009, durante la crisi finanziaria globale (Governo Merkel con il socialdemocratico Steinbrück alle Finanze). Il freno torna sotto scrutinio, per la situazione economica del Paese, che va verso il secondo anno consecutivo di contrazione del Pil, con prospettive sempre più grigie per il 2025. Secondo le previsioni del Consiglio degli esperti economici del Governo, pubblicate ieri, l’anno prossimo la crescita si fermerà allo 0,4%.
L’apertura
Durante un evento della Süddeutsche Zeitung, ieri, Merz ha affermato: «Certo che il freno si può riformare. La domanda è perché e a quale scopo». E ha aggiunto che qualsiasi modifica dovrà essere subordinata a condizioni specifiche. «Se il risultato è che spenderemo ancora di più per i consumi e la politica sociale, allora la risposta è no», ha detto Merz. Se servirà «per gli investimenti, per lo sviluppo, per i nostri figli, allora la risposta potrebbe essere diversa».
Secondo Tomaso Duso, dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw), «modificare il vincolo al debito, senza eliminarlo del tutto, sembra una cosa ragionevole per finanziare gli investimenti necessari in una situazione in cui si esce da due crisi e ci sono trasformazioni gigantesche da sostenere».
Achim Truger, uno dei cinque membri del Consiglio di esperti economici, sottolinea che «il freno mira a evitare che le generazioni future siano gravate da un debito pubblico eccessivo. Ma le generazioni future possono essere gravate anche da una spesa insufficientemente orientata al futuro e da una manutenzione inadeguata delle infrastrutture».