La Casa Bianca ieri sera ha fatto sapere che Witkoff e Huckabee “ispezioneranno i siti di distribuzione per definire un piano per consegnare più cibo e incontreranno la popolazione locale di Gaza per ascoltare in prima persona la terribile situazione sul campo”. Dopo la visita, Witkoff e Huckabee informeranno il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulla situazione prima che il nuovo piano venga approvato.

Intanto, i negoziati sembrano sempre più in fase di stallo. Hamas ha dichiarato che non ci sarà nessuna ripresa dei negoziati finché a Gaza la situazione non migliora e si continua a morire di fame.

Gaza, l’Idf spara sui palestinesi che aspettano gli aiuti: il video dell’Onu

Grossman: «A Gaza genocidio, mi si spezza il cuore ma lo dico»

«Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: “genocidio”. Ma adesso non posso trattenermi dall’usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì». Lo spiega in un’intervista a Repubblica lo scrittore israeliano David Grossman. «Anche solo pronunciare questa parola, “genocidio”, in riferimento a Israele, al popolo ebraico: basterebbe questo, il fatto che ci sia questo accostamento, per dire che ci sta succedendo qualcosa di molto brutto – prosegue -. Voglio parlare come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno Stato genocida. E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. “Genocidio”. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza».

«“Resto disperatamente fedele all’idea dei due Stati, principalmente perché non vedo alternativa – rimarca lo scrittore -. Sarà complesso e sia noi che i palestinesi dovremo comportarci in modo politicamente maturo di fronte agli attacchi che sicuramente ci saranno. Ma non c’è un altro piano».

Slovenia vieta il commercio di armi con Israele: «Primi in Ue»

Mentre si allarga il fronte dei Paesi che annunciano il riconoscimento dello Stato palestinese, la Slovenia diventa il primo Paese europeo a vietare l’importazione, l’esportazione e il transito di armi da e per Israele”. Lo annuncia il governo della Slovenia in un comunicato. “La decisione – si legge – fa seguito alle dichiarazioni del Primo Ministro Robert Golob, che ha ripetutamente annunciato, da ultimo a margine del vertice del Consiglio europeo di giugno, che la Slovenia agirà in modo indipendente se l’Unione Europea non sarà in grado di adottare misure concrete entro metà luglio. A causa di disaccordi e disunità interne, l’Unione Europea non è attualmente in grado di assolvere a questo compito”.

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