«Il mio maggior timore? È che la nuova legislatura Ue possa continuare una politica sostanzialmente anti-industriale, che farà prevalere in modo ideologico gli aspetti ambientali senza tenere conto della sostenibilità economica e sociale». A campagna per le Europee appena iniziata, il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino è pronto a mettere sul tavolo di Bruxelles le richieste delle imprese alimentari italiane. Proprio l’Europa sarà al centro dell’assemblea pubblica che Federalimentare terrà oggi pomeriggio a Parma, nel corso della giornata inaugurale di Cibus.

Cosa si aspetta dall’Unione europea che uscirà a giugno dalle urne?
Nella ricerca fatta insieme al Censis che presentiamo oggi a Cibus, dal titolo “L’industria Alimentare tra Unione europea e nuove configurazioni globali”, emerge che per il 93% degli italiani l’industria alimentare è sinonimo di sviluppo sociale ed economico e per l’89% dei cittadini un aiuto al settore potrà arrivare dalle future scelte che verranno prese in Ue. In questo nuovo mondo multipolare, la prima priorità è quella di difendere il mercato unico da tutte le forme di concorrenza sleale: non permettere a concorrenti extra-Ue di vendere prodotti con standard inferiori a quelli europei, non imporre per legge soluzioni tecnologiche uniche che avvantaggiano alcuni Paesi rispetto ad altri, non giudicare la salubrità dei prodotti alimentari con algoritmi privi di solide basi scientifiche e con le relative etichette semaforiche. Per rimettere al centro la competitività della sua manifattura, inoltre, la Ue deve promuovere investimenti strutturali e le economie di scala per produrre energia pulita a basso costo, per l’accesso sicuro alle materie prime nelle quantità e qualità necessarie, per una logistica all’altezza delle potenzialità del nostro export.

Cosa la preoccupa di più sullo scacchiere internazionale?
L’instabilità geopolitica, che si ripercuote inevitabilmente sulle commodity che influenzano l’andamento dei prezzi di produzione, che possono dunque subire forti oscillazioni. La crisi Medio Orientale, ad esempio, ha impattato sui flussi commerciali attraverso Suez e il Mar Rosso, con crolli dei traffici marittimi che superano il 60%, senza dimenticare gli aumenti dei costi delle navi container e dei noli.

I consumi interni sono stagnanti, anche per colpa dell’inflazione: secondo lei quando rallenterà?
Il tasso di inflazione in Italia ad aprile è calato al +0,9% rispetto al +1,2% di marzo. Anche l’indice dei prezzi del carrello della spesa è calato al +2,4% rispetto al +2,6% di marzo. Alla luce di questi dati possiamo dire che l’inflazione è tornata sotto controllo, e che abbiamo anche evitato di entrare in recessione. Attenzione però a non confondere il calo dell’inflazione con un calo dei costi delle materie prime e dell’energia, che si sono sì stabilizzati ma su valori ben più alti rispetto ai livelli pre crisi. Molto dipenderà dall’evoluzione del costo dell’energia in Europa ed anche dalle future politiche della Bce, che potranno influire sull’andamento delle economie europee e di conseguenza sui consumi.

Nel 2023 l’export alimentare è cresciuto del 6,6% a valore, ma i volumi sono scesi dell’1,6%: questo calo la preoccupa?
Se lo si confronta con il -2,5% accusato dall’industria nel sul complesso, il calo dell’alimentare è stato contenuto. Il dato non ci preoccupa, ma è un segnale di attenzione sull’importanza di arrivare sui mercati internazionali con i prezzi giusti. Nel primo bimestre 2024 la produzione industriale è ripartita, con un +1,1%, a fronte di un -3,5% registrato dal totale industria. Anche l’export è partito bene, con un +13,5% rispetto allo scorso anno. Questi dati ci fanno ben sperare in un 2024 positivo.

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