Il diritto alla salute è garantito a tutti in Italia? Per molti italiani in povertà e per parecchi migranti anche regolari no. Perché la sanità per alcuni ha un percorso a ostacoli, irto di burocrazia e di difficoltà amministrative. In una videointervista al sito web del Sole 24 Ore ne abbiamo parlato con Michele Iacoviello, coordinatore degli ambulatori mobili del Programma Italia di Emergency. La lezione più importante di Emergency è quella di non voltarsi dall’altra parte se vediamo una persona che soffre. Sempre e non solo a Natale.
Ambulatori fissi e cliniche mobili
In Italia Emergency ha ambulatori fissi e cliniche mobili. «Emergency lavora in Italia dal 2006 per fornire assistenza medica, infermieristica, psicologica, di supporto all’inserimento all’interno del Sistema sanitario nazionale a migranti e persone in stato di bisogno», spiega Iacoviello. Negli anni si è evoluta anche la modalità di intervento di Emergency.
Il primo ambulatorio a Palermo nel 2006
«Abbiamo cominciato con un primo ambulatorio fisso a Palermo nel 2006. Abbiamo continuato nel 2010 con un altro ambulatorio e nel 2011 abbiamo allestito le cliniche mobili che si muovono in tutta Italia nelle aree di maggiore disagio, sia rurali che che urbane, per fornire assistenza sanitaria di base a migranti e persone in stato di bisogno. Il tipo di assistenza è da una parte medica, quindi una prima risposta strettamente sanitaria al problema che ci viene posto, ma anche infermieristica, psicologica e di mediazione culturale. Dove per mediazione culturale la nostra attività non è esclusivamente quella di traduzione e di comprensione linguistica, ma anche e soprattutto di orientamento inserimento della persona attraverso all’interno del Sistema sanitario nazionale. Quindi con tutte le complicazioni che ha il nostro sistema e la nostra burocrazia sanitaria in Italia».
Assistite 9.725 persone con 42.944 prestazioni
Emergency nel 2023 ha assistito 9.725 persone, fornendo in totale 42.944 prestazioni, per oltre la metà concentrate su prestazioni di mediazione socio-sanitarie. «L’attività di mediazione – ricorda Iacoviello – oltre che un supporto nella comprensione reciproca soprattutto quando parliamo di migranti quindi comprensione linguistica e culturale tra il migrante e sia il nostro personale medico sia il personale del sistema sanitario nazionale. C’è un supporto per ottenere tutti quelli che sono i requisiti necessari per poter accedere correttamente a un percorso di cura, ad esempio l’ottenimento della residenza, del codice fiscale, l’orientamento all’interno del sistema sanitario. In pratica garantire alla persona autonomia nel sapersi muovere all’interno delle strutture. Insomma sapere come portare avanti il proprio percorso di cura attraverso prenotazioni, l’ottenimento di esenzioni o tutti quei requisiti necessari che garantiscono alla persona un percorso di cura così come stabilito dalle nostre dalla nostra normativa in materia sanitaria».
Difficile l’accesso alle cure pubbliche
Molte le difficoltà poste dalla burocrazia per l’accesso alle cure pubbliche. «Il male più grande in Italia è la burocrazia. Il problema sanitario più grande che le persone incontrano è la burocrazia. Difficile, come dicevo, ottenere una residenza riconosciuta sul territorio di un Comune, perché la residenza è legata alla motivazione del perché si è presenti in Italia. Quindi un contratto di lavoro. E sappiamo quanto sia complicato soprattutto per alcune categorie riuscire ad avere un contratto di lavoro in Italia. È complicato avere un codice fiscale se non si ha una residenza. Ci sono insomma una serie di problematiche collegate che poi impediscono di fatto da un punto di vista amministrativo l’accesso ad un corretto percorso di cura».