Fabio Colangelo, coach di Lorenzo Sonego, ai microfoni di Fanpage ha parlato del loro rapporto raccontando il lavoro dietro le quinte. Un’occasione per parlare anche del momento del tennis italiano e di Sinner.
Fabio Colangelo vive il tennis a 360°. Ex giocatore professionista che ha raggiunto la 415a posizione del ranking, il classe 1981 direttore tecnico della scuola tennis al Circolo della Stampa Sporting di Torino, segue da diversi mesi Lorenzo Sonego nelle vesti di coach. Voce delle telecronache tennistiche su Eurosport e Sky, ai microfoni di Fanpage, ha parlato del super inizio di stagione del tennista piemontese reduce da un ottimo Australian Open e dalla buona prestazione contro Rune a Rotterdam.
Colangelo ha raccontato del rapporto con Sonego e dei dietro le quinte della loro collaborazione che sta iniziando a produrre gli effetti sperati a quanto pare. Un’occasione anche per dire la propria sul momento del tennis italiano, e ovviamente anche su Sinner grande amico di Lorenzo e protagonista di un nuovo exploit in Australia.
Colangelo e Sonego
Fabio è rimasto stupito dalla bella cavalcata di Sonego in Australia? Si aspettava che potesse raggiungere i quarti di finale?
“Mentirei se dicessi che c’era da aspettarsi che ottenesse subito un risultato così in uno Slam, cosa che non era mai successa. Speravo che potesse fare bene perché ha lavorato ottimamente nel mese che abbiamo sfruttato per la preparazione. Per come aveva giocato nei primi due tornei, per il buonissimo livello espresso pur vincendo solo due partite, avevo la conferma che stesse facendo le cose molto bene e quindi è stata una piacevole sorpresa. Dire che me l’aspettavo però sarebbe esagerato”.
Il supercoach Patrick Mouratoglou: “Vi spiego perché Sinner oggi non è superiore ad Alcaraz”
Ci racconti come è nata la collaborazione con Lorenzo.
“Con Sonego ho iniziato a collaborare dall’anno scorso. Loro avevano l’esigenza di avere qualcuno che desse una mano, perché la stagione è talmente dura e lunga che non esiste un giocatore che ha un allenatore capace di coprire tutte le settimane. E infattibile. Ero il direttore tecnico del circolo dove Lorenzo si allenava e quindi lui e il suo vecchio allenatore mi hanno chiesto questa disponibilità per un periodo settimanale”.
Quanto è stato difficile raccogliere l’eredità di Gipo Arpino che ha vissuto praticamente tutta la carriera di Sonego?
“È stato difficile perché per Lorenzo è stata una separazione complicata dal punto di vista personale, emotivo. Quando lasci una persona dopo che ci sei stato insieme 18-20 anni, non stai semplicemente cambiando allenatore come accade a tanti. Inizialmente è stato complicato perché non stavano arrivando i risultati e lui non era sereno psicologicamente: gli dispiaceva non aver raggiunto le Olimpiadi che per lui erano un obiettivo grosso. È stata una stagione che comunque è stata utile per conoscerci meglio. Ci siamo confrontati tanto sugli obiettivi e sui miglioramenti da fare”.
Cosa le ha chiesto in particolare il tennista? Su quali aspetti avete lavorato?
“Mi ha chiesto di esplorare cose diverse. Ci siamo concentrati su questo e avere un mese intero di lavoro per poter mettere tante cose nel suo gioco è stato importante perché prima si lavorava, ma poi c’era sempre un altro torneo alle porte, con trasferte lunghe e recuperi. Programmarsi per questi giocatori è fondamentale, programmare gli allenamenti, i recuperi, i tornei. Lorenzo per una serie di motivi ha giocato tantissimo l’anno scorso e quindi non ha mai avuto tempo per fermarsi”.
Quali sono gli obiettivi di Sonego per questa stagione?
“Non viviamo alla giornata, ma ci siamo posti obiettivi di miglioramento di crescita e di gioco. Crescita sotto tutti i punti di vista, anche quello fisico e mentale. Nel momento in cui si cresce e si migliora da quel punto di vista, i risultati poi sono una conseguenza. Non sono un amante del darsi i numeri, Lorenzo ancora meno, e quindi nel momento in cui lavora bene e si cresce nelle tre aree del tennis allora i risultati è probabile che arrivino, anche alla luce delle sue qualità”.
Ora il tennis è seguito anche da tanta gente che non ne capisce tutte le sfumature, vi hanno fatto male le critiche eccessive della scorsa stagione?
“Sicuramente il fatto che stia diventando uno sport sempre più seguito ha i suoi pro e i suoi contro. I pro sono che lo sport della nostra vita sta diventando così importante e sentire parlare di tennis sulla radio, sul TG1, al bar e sentire dire ‘Quando gioca Sinner?’ è bellissimo. L’altra faccia della medaglia è che è partito anche il tifo ignorante, ma ignorante nel vero senso della parola, di gente che non sa e non conosce. È lo scotto da pagare: la gente legge un risultato e commenta. Fortunatamente io e Lorenzo ce ne freghiamo, quando ho iniziato a lavorare con lui io non leggevo nulla ma la gente mi diceva delle critiche, dei dubbi sulla sua scelta di cambiare. Per esempio mi sono imbattuto di recente in un post sulla sconfitta di Cobolli a Montpellier e per qualcuno Flavio è diventato un incapace. Questo è ridicolo. Totalmente. D’altronde, criticano Sinner… e nel momento in cui fai questo…”.
Lorenzo però mi sembra uno con le spalle larghe, riesce a non dare peso a questo?
“A Lorenzo per fortuna non interessa nulla il fatto che qualcuno possa avergli dato del finito, o delle critiche sulla scelta che ha fatto. Ma questo non perché io mi senta superiore a determinate persone. Io sono tifoso di una squadra di calcio (la Juventus, ndr), vedo le partite e ogni tanto vado allo stadio e posso dire ‘non mi è piaciuto come ha giocato’, ma gusto personale. Non mi permetterei mai di dire ‘Thiago Motta non è capace, Allegri non è capace. Questo calciatore l’hai pagato 60 milioni ed è uno scarpone…’. Se Sinner avesse perso con Rune in Australia sarebbe stato un dramma nazionale. Lui poi non avrebbe mai detto ‘Ho perso perché non stavo bene’, una situazione che può capitare a tutti. La gente ignora molte volte e così Cobolli è diventato un incapace perché ha perso due partite”.
D’altronde basti pensare cosa dicono a Sinner dopo il caso Clostebol.
“Se pensiamo che io metto un tweet per dire che Sinner è fortissimo e due-tre persone sotto commentano dicendo che è ‘un dopato’. Come fai ad interagire con persone che sostengono una cosa del genere. Potrebbe aver violato delle norme anti-doping che non vuol dire essere dopati. Ymer, il tennista svedese che ora sta tornando a giocare dopo la squalifica, non è mica dopato. Non ha fatto i test, violando delle norme anti-doping. Essere dopati vuol dire essere Lance Armstrong. Jannik non si è mai dopato e lo dice una sentenza di 30 pagine, ma ci sono pseudotifosi o appassionati che sostengono che ha vinto lo Slam perché dopato e allora come fai a interagirci. Bisognerebbe provare a educare le persone il più possibile, ma contro certa ignoranza non si può fare nulla. È un problema grosso”.
Tornando sugli Australian Open di Sonego, lui ha affrontato Fonseca. È così forte come sembra?
“Fonseca è così forte come sembra. Il caso ha voluto che il primo torneo in cui io ho seguito Lorenzo, a Bucarest, ci fosse proprio l’incrocio con Joao. L’avevo già visto giocare, anche se quella è stata la prima occasione dal vivo, di un livello più basso rispetto agli Australian Open anche perché Lorenzo era in un momento difficilissimo e Fonseca era acerbo. Si vedeva però che c’era qualcosa di speciale. Lo ha dimostrato tutte le settimane dopo fino a Melbourne. Non dirò mai che diventerà 5, 10 o 1 perché ci sono troppe variabili, ma è sicuramente speciale. Non è sopravvalutato perché ha perso con Sonego che non è un super campione. Certo forse si è esagerato un pochino, magari dopo la vittoria con Rublev, a pensare che potesse vincere il torneo, come ho letto dall’Italia. Si parlava di una semifinale Fonseca-Sinner… per avere 18 anni però è un giocatore speciale”.
Quanta voglia ha Sonego di tornare a vestire l’azzurro della Davis, e come nasce la collaborazione con Santopadre?
“Lui ha lo stimolo forte di tornare in Coppa Davis e l’ha dichiarato. Gli piace tantissimo giocare in squadra, perché si trova bene. D’altronde arriva dal calcio ed è una cosa che lo appaga tantissimo. Santopadre ci dà una consulenza perché non dimentichiamo che è l’allenatore di van Assche. Il suo mestiere è quello, ma c’è un rapporto da tanti anni con Lorenzo, avendo anche allenato Berrettini. Sono cresciuti insieme facendo un percorso comune, simile, con la stessa persona della federazione italiana tennis, ovvero Umberto Rianna, ad aiutarli. C’è un bel rapporto. La mano che poteva darci, allenando un altro giocatore, è quella di farci da consulente. Sappiamo che possiamo contare su di lui per avvalerci della sua enorme esperienza per il percorso fatto con Matteo. Purtroppo si potrà avere poco perché lavora con van Assche che è un ragazzo davvero bravo e buono. Vincenzo è una persona molto seria e ha subito messo in chiaro quale sarebbe potuto essere il suo ruolo”.
Quanto le piace questa possibilità di seguire un tennista top come Sonego?
“Appena ho smesso di giocare ho iniziato subito a fare l’allenatore. I giocatori che guidavo non erano al livello di Lorenzo, poi piano piano il mio impegno come coach è diminuito e negli ultimi anni ho iniziato a fare prima le telecronache e poi il direttore della scuola tennis. Ho fatto meno l’allenatore insomma e più altro, però è il mestiere con cui ho iniziato il mio post tennis giocato. Sapevo che mi piaceva, è chiaro che farlo con un atleta di questo livello è qualcosa che mi mancava e mi fa piacere provarlo. Sono talmente contento di lavorare con Lorenzo per la persona che è, e per l’atleta che è, che non mi sono posto questioni sul futuro. Quello che facevo mi piaceva, il tennis è sempre più importante. La mia collaborazione con Sky è sempre più intensa e mi piaceva anche molto quella parte di lavoro. Non pensavo avrei ripreso a fare l’allenatore a tempo pieno. Abbiamo iniziato ancora da poco e mi piace. Avendo una famiglia è complicato, però sicuramente sapevo a cosa andavo incontro”.
Come va la convivenza calcistica con Sonego, visto che lui tifa Toro e lei Juventus? Aria di derby?
“Siamo andati allo stadio insieme a vedere Juve-Toro a novembre, quando c’erano le Finals a Torino. Stiamo messi male entrambi ora e sul calcio ci becchiamo abbastanza. Lui è un po’ più abituato ad essere in difficoltà, io mi ci sto riabituando dopo aver passato anni bui pre-Conte. Mi ero abituato molto bene e ora mi sto riadattando a fare fatica. La qualità è fondamentale, se i calciatori non ci acchiappano non ci acchiappano. Giocavamo a tennis con Allegri e lui ha sempre detto una cosa giusta: ovvero il riferimento alle categorie dei giocatori in campo”.
Da coach, quanto l’ha stupita la collaborazione tra Djokovic e Murray?
“Murray-Djokovic? Mi ha stupito però l’ho trovata una cosa molto bella. Murray può dare tanto, tantissimo. Sono convinto che Djokovic avesse bisogno di altre motivazioni e il fatto di farsi allenare da Murray, anche per una forma di rispetto personale, aumenta la voglia e la motivazione di fare meglio e di più. Personalmente e umanamente invidio Djokovic per il fatto che sia ancora lì e riesca a trovare le motivazioni. Oltre al livello, ma per il fatto di soffrire e lottare alla sua età dopo aver vinto tutto quello che si poteva vincere e superare tutti i record possibili. Dopo aver vinto le Olimpiadi onestamente non pensavo andasse avanti”.
Chiudiamo su Sinner, c’è un aspetto che la colpisce più degli altri di questo campione?
“Quello che a me ha colpito, al di là del campo dove è fenomenale, è il fatto di essere proprio un bravo ragazzo. Sembra quasi riduttivo, ma è una gran bella persona. Poi ha un’etica del lavoro speciale, ma questo lo dice chi ci lavora insieme e lo conosce meglio di me che ho visto qualche allenamento di Jannik con Lorenzo e alcuni tornei. Per arrivare a vincere quello che ha vinto deve avere qualità speciali ed essere un lavoratore pazzesco. A me quello che piace tanto è che è veramente una persona molto semplice e umile, tranquilla e disponibile. Ripeto: mi sembra proprio una gran bella persona. Poi, mia personalissima idea, credo che stia vivendo dei mesi complicati perché se danno fastidio a me quelli che dicono che è dopato, figuriamoci a lui che non lo è e non ha fatto nulla di male. Sentirsi dire questo anche da alcuni colleghi… Per quanto è maturo alle volte ci dimentichiamo che ha 23 anni. A quell’età in tanti andrebbero in manicomio e non riuscirebbero a gestire tutto come lui che va in campo e sembra come se non sia successo nulla”.
Insomma Sinner più forte di tutto e tutti.
“Ho molto rapporto con il suo allenatore perché abbiamo due anni di differenza e abbiamo giocato nello stesso periodo storico iniziando poi ad allenare insieme, ma per quello che vedo è un ragazzo assai umile e disponibile ed è bello avere un campione così. C’è tanta gente che è invidiosa e in fondo sa che lui non ha fatto niente di male, però dice ‘cavolo guarda quello cosa è arrivato a fare, parlano di lui ovunque’. Sminuire gli altri a tanta gente fa stare bene ed ecco allora che c’è chi lo critica per quello, per Sanremo, per il presidente Mattarella e così via. Lui però ha dimostrato di avere le spalle larghe e persone al suo fianco eccezionali, e non parlo solo del team. Alcune molto vicine a lui sono persone che per fortuna gli vogliono bene da prima che diventasse quello che è, senza interesse perché oggi è facile voler diventare suoi amici”.