BUDAPEST – Riuniti in un vertice informale in Ungheria, i capi di Stato e di governo dell’Unione europea devono approvare una dichiarazione tutta tesa a rilanciare la competitività dell’economia europea. L’ex premier italiano Mario Draghi, autore di un noto rapporto dedicato al tema, ne ha approfittato per sottolineare che l’elezione del presidente Donald Trump negli Stati Uniti non può non essere un pungolo nei fianchi dell’Europa per affrontare debolezze ormai storiche.

«Ci sono grandi cambiamenti in vista. Credo che quello che l’Europa non può più fare è di posticipare le decisioni – ha spiegato l’ex presidente del Consiglio venerdì 8 novembre, a margine di un summit nel quale presenterà il proprio rapporto -. Come avete visto in tutti questi anni, si sono posposte tante decisioni importanti perché aspettavamo il consenso. Il consenso non è venuto, sono arrivati solo uno sviluppo più basso, una crescita minore, oggi una stagnazione».

«Dovremo negoziare con spirito unitario»

Riferendosi alla prossima amministrazione americana, l’ex premier ha poi fatto notare: «Si sa poco di quello che succederà esattamente, ma una cosa sembra più sicura delle altre e cioè che Donald Trump darà impulso ai settori innovativi e proteggerà le industrie tradizionali, che sono proprio le industrie dove noi esportiamo di più negli Stati Uniti. Quindi dovremo negoziare con l’alleato americano, con uno spirito unitario in maniera tale da proteggere anche i produttori europei».

Il testo come impegno politico

Riuniti qui a Budapest, i capi di Stato e di governo dovrebbero fare propria la relazione dell’ex banchiere centrale in una dichiarazione di una manciata di pagine negoziata nelle ultime settimane a livello diplomatico. Il testo è un impegno politico, sufficientemente vago per garantire un compromesso tra i paesi membri. Il Rapporto Draghi è stato accolto positivamente nel suo complesso, ma vi sono divergenze sui singoli capitoli, come spiegavano nei giorni scorsi molti diplomatici.

Nel suo rapporto, Mario Draghi sottolinea l’importanza di finanziamento in comune per rilanciare la competitività dell’economia europea. Parlando alla stampa oggi, l’economista ha voluto precisare: «Quello che il rapporto dice è che ci sono moltissime altre decisioni che si possono prendere senza affrontare immediatamente il problema del finanziamento pubblico comune». Sempre nella sua relazione, l’ex premier parla di necessità pari a 800 miliardi di euro all’anno.

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