Fare impresa – e fare design – ha senso solo se lo scopo finale è innovare e creare qualcosa di utile alla società, qualcosa che prima non esisteva. Questa è la lezione che Renato Caimi ha trasmesso ai figli Gianni, Renzo, Franco e Giorgio, che hanno preso le redini dell’azienda da lui fondata nel 1949 assieme al fratello Mario, la Caimi Pentolux (poi Caimi Brevetti) di Nova Milanese. Una piccola realtà industriale che incarna tutti gli elementi caratteristici dell’industria italiana dell’arredo-design: conduzione familiare, una dimensione contenuta (circa 17 milioni di euro di fatturato nel 2024), un forte radicamento nel proprio territorio e una vocazione a innovare che punta ad alzare sempre un po’ di più l’asticella e non lesina negli investimenti, anche in tempi difficili.

Ricerca e innovazione a nascita dell’OpenLab

Così, dopo aver virato il focus dell’azienda verso la ricerca sui materiali fonoassorbenti applicati all’arredamento, l’azienda brianzola ha dato vita – nel pieno della pandemia da Covid-19 – all’OpenLab, sette avveniristici laboratori dedicati alla ricerca in ambito acustico, ai nuovi materiali e alla prototipazione. Una struttura di 1.200 mq che ha richiesto, allora, circa 3 milioni di euro di investimenti, due anni di studi tecnici e lavori, 40 chilometri di cavi elettrici e cavi dati e dotazioni tecnologiche di ultimissima generazione.

Un luogo dove portare avanti gli studi e le sperimentazioni utili all’azienda per sviluppare i propri prodotti, ma anche dove fare ricerca pura, al servizio del territorio e della scienza, in collaborazione con università, istituti di ricerca e medicina, per studiare gli effetti che il suono ha sulla psiche e sul fisico delle persone. «Per metà circa del tempo, i laboratori sono utilizzati, gratuitamente, da istituzioni scientifiche ed educative, della cultura e dell’arte, con l’unica clausola che le ricerche portate avanti nell’OpenLab abbiano finalità sociali e non commerciali, quindi con possibili ricadute sulla collettività», spiega l’amministratore delegato, Franco Caimi.

Il rapporto con il territorio

In questi anni circa cinque anni di attività (al netto delle restrizioni inizialmente imposte dal Covid) OpenLab ha collaborato con decine di realtà, dal Politecnico di Milano all’Accademia di Brera, dall’Università Bicocca allo Ied di Milano, ma anche con ospedali ed enti di ricerca, come il Policlinico di Milano o la Fondazione Veronesi. «Tutti i progetti portati avanti hanno a che fare con l’ambito medico o con il design – precisa Franco Caimi – e sono tutti programmi che richiedono tempo, a cominciare dalle analisi di fattibilità per capire gli obiettivi da raggiungere e quali strumentazioni usare, fino alla messa a terra». Perché la ricerca e l’innovazione richiedono un orizzonte lungo e la possibilità di fare errori, di aggiustare il tiro, di ridefinire gli obiettivi.

«Per questo, all’inizio, abbiamo sentito l’esigenza di realizzare questi laboratori al nostro interno – spiega l’imprenditore -. Le strumentazioni in sé, per quanto innovative, esistono anche altrove, ma sono pochi i luoghi in Europa, forse nessuno, in cui possiamo averle a disposizione tutte assieme. Averle al nostro interno e di nostra proprietà significa poter condurre tutti gli studi e gli esperimenti che vogliamo, quando vogliamo e per quanto tempo vogliamo». Questo ha permesso all’azienda di implementare negli ultimi anni progetti molto innovativi, come i tessuti fonoassorbenti e la tecnologia A+E per ridurre l’impatto delle onde elettromagnetiche, che altrimenti avrebbero richiesto costi elevatissimi e tempi molto lunghi».

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