Lei lo avrebbe ricattato minacciandolo di rivelare tutto alla moglie: per questo lui l’ha uccisa. Questa la confessione dell’uomo sottoposto a fermo per l’omicidio di Maria Denisa Adas Paun, la escort 30enne scomparsa da Prato dalla notte tra il 15 e 16 maggio, il cui corpo è stato ritrovato dagli inquirenti ieri, martedì 4 giugno, in un casolare abbandonato di Montecatini.
Secondo quanto confessato dall’indagato, una guardia giurata di 32 anni, origini rumene, la vittima del femminicidio avrebbe preteso un pagamento di 10mila euro per tenere segreto il loro rapporto. Lo riferisce la Procura di Prato. Il reo confesso ha detto di aver strangolata Denisa nella stanza del residence di Prato, poi di averla decapitata e di aver messo la testa in un sacco per l’immondizia che ha inserito nella valigia della vittima assieme al resto del corpo, caricando tutto nel bagagliaio della propria auto.
Nessun allontanamento volontario per Denisa, nessuna fuga misteriosa ma soltanto un caso di femminicidio, l’ennesimo. La procura di Prato ha emesso un fermo di indiziato di delitto per il connazionale della ragazza, residente a Monsummano Terme: è accusato di omicidio volontario e di soppressione di cadavere. Gli inquirenti lo hanno sottoposto ad un lungo interrogatorio nel tardo pomeriggio del 4 giugno che è andato avanti fino a sera. Grazie alle immagini delle telecamere disponibili, i risultati dei tabulati telefonici, i tracciati dei positioning della Volkswagen Golf da lui utilizzata e un lavoro di riscontri e incrocio dei dati, i carabinieri con pazienza sono così arrivati a lui e a circoscrivere il luogo dove poi sono stati ritrovati i resti di Denisa.
Una zona impervia e rurale in cui si arriva con una mulattiera di collina, la stessa che probabilmente ha percorso il killer. Decisivo è stato un sopralluogo nella giornata di mercoledì e disposto dalla procura di Prato, con l’ausilio dei carabinieri del Ros, del Gis e dei Nuclei investigativi dei reparti operativi di Prato e di Firenze. C’erano in ausilio anche i vigili del Fuoco. Secondo quanto emerge, l’assassino avrebbe sperato di nascondere ogni traccia e contava sul fatto che, a poco a poco, del cadavere di Denisa non restasse niente. Ma il killer avrebbe commesso numerosi passi falsi. La riaccensione del telefonino della vittima la notte della scomparsa per alcuni minuti è stato infatti sufficiente a uno scambio di traffico di dati con almeno altri due dispositivi. Una circostanza ha permesso agli inquirenti di localizzare le celle telefoniche nella zona di Montecatini.
I tragitti fatti per arrivare al casolare sono stati trappole involontarie per il killer: anche se è una zona isolata della campagna e lo stabile rurale è abbandonato, le strade per arrivarci sono vigilate da telecamere, in un contesto circostante molto antropizzato e anche sensibile per la presenza di vari fenomeni criminali.