L’Europa e l’Italia studiano le contromisure agli annunciati dazi americani. Che devono andare oltre una semplice azione di difesa, propone il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso: «Non basta difendersi sul piano commerciale, occorre una nuova politica industriale che restituisca competitività alle nostre imprese». Dunque «agire, non solo reagire», dice il ministro, spiegando che l’Italia ha indicato all’Europa «la strada delle riforme, da realizzare subito, con una chiara visione strategica».

Contromisure annunciate il 21 marzo

Le contromisure dell’Italia, come annunciato dal ministro degli esteri Antonio Tajani, verranno presentate il 21 marzo a Villa Madama. Ma nel governo c’è anche chi, come il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini, coglie la palla al balzo per scagliarsi contro l’Europa: «Il primo e più pesante dazio sulle imprese europee non arriva da Pechino o da Washington: arriva da Bruxelles e va smontato pezzo per pezzo», dice il leader della Lega.

La necessità di un’Europa coesa

Eppure è proprio di un’Europa coesa che c’è bisogno in una situazione come questa, avverte l’ex presidente del consiglio Romano Prodi. «Se gli Stati Uniti si chiudono, il problema è di come riuscire a creare una struttura del commercio, una struttura di sviluppo economico, anche senza il contributo attivo degli Usa», ha detto a margine di una lectio magistralis a Firenze. Vedremo quello che sarà perché ogni giorno Trump cambia politica» in ogni caso, «l’Europa deve essere unita – è il messaggio – perché deve prendere decisioni in fretta».

Giorgetti: la guerra commerciale non conviene a nessuno

«E’ innegabile – ha avvertito il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti – che la politica di introduzione dei dazi annunciata dall’amministrazione americana potrebbe danneggiare l’economia italiana, come quella europea e con un effetto a catena il commercio globale». C’è però un aspetto di cui forse ci si dimentica, osserva il titolare del Mef: «Noi arriviamo da decenni di concorrenza totale a livello globale, la mitica globalizzazione», che non è stata da meno. E se oggi abbiamo «l’incertezza» delle possibili ricadute dei dazi, ci dimentichiamo dei «danni effettivi» che la nostra economia ha subito, con «tante imprese e imprenditori di settori che sono completamente scomparsi grazie alla concorrenza sleale rispetto a una teoria del free trade che in qualche modo si considerava ineluttabile».

La situazione contingente però è anche un’occasione, suggerisce Giorgetti, che ripete un concetto già sostenuto nelle sue recenti partecipazioni al G7 e al G20: la guerra commerciale «non conviene a nessuno» e questo è forse il momento «per rimettere a posto un po’ le cose, per far nascere un Wto più trasparente e a parità competitive tra imprese che rispettano le normative ambientali e sociali, rispetto a quelle che, magari sussidiate dallo Stato, sono in grado di spazzarti via dal mercato senza colpo ferire».

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