Ecuador, eletto sindaco un candidato ucciso

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Le pallottole dei sicari non fermano il voto popolare che sancisce la vittoria di un giovane candidato a sindaco del partito di sinistra Revolución Ciudadana. Omar Menéndez aveva 41 anni, era un brillante uomo d’affari e da tempo si era tuffato in politica dando nuovo slancio al partito in cui militava. Si era candidato, nelle elezioni di domenica scorsa, alla guida della sua città, Puerto López, a nord di Guayaquil, lungo la costa del Pacifico. Sabato, alla vigilia del voto, era chiuso con il suo staff nella stanza trasformata in quartier generale della campagna. I sondaggi lo davano ampiamente in testa e i suoi collaboratori erano convinti della vittoria. Ma è stata una vittoria postuma. 

Due sicari hanno fatto irruzione e lo hanno crivellato di colpi, racconta l’edizione web della Bbc. Omar Menéndez non ha fatto in tempo a conoscere il risultato delle urne che gli hanno assegnato la poltrona di sindaco. I due killer, fuggiti poi a bordo di una moto e scomparsi, hanno messo a tacere una voce critica, che dava fastidio. Ma la valanga di voti che ha ottenuto la vittima è stata la più efficace risposta all’arroganza delle bande della criminalità. La gente rifiuta il ricatto della paura e reagisce con lo strumento che ha ancora in mano: la scheda elettorale. 

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La notizia si è presto diffusa e una volta aperte le urne la gente si è recata ai seggi. Menéndez ha ottenuto più consensi di quelli stimati nei sondaggi. Lo ha votato anche chi puntava su altri. Verrà sostituito da un collega di partito. Aveva ricevuto molte minacce negli ultimi tempi. L’Ecuador deve fare i conti con una violenza provocata dai Cartelli messicani scesi a sud per gestire direttamente tutta la filiera del narcotraffico. Due settimane fa anche il candidato a sindaco della città costiera di Salinas, Julio César Farachio, era stato ucciso a colpi di pistola. La polizia aveva arrestato il suo presunto killer, un balordo uscito recentemente di prigione dopo aver scontato una condanna per traffico di droga. 

L’Ecuador vive da mesi un clima di violenza come non accadeva da anni. Ci sono state ripetute sommosse nelle carceri con delle carneficine che hanno scosso il paese. I capi dei diversi gruppi criminali continuano a comandare anche dietro le sbarre e qui, con la scusa delle proteste, si regolano i conti in sospeso e si mandano i messaggi all’esterno. Il presidente di centro destra Guillermo Lasso non sembra in grado di contenere l’attività dei diversi clan che i Cartelli messicani sono riusciti a dividere imponendo nuove alleanze che rompono i vecchi equilibri. Nella stessa giornata elettorale erano proposte delle modifiche alla Costituzione. Tra queste l’estradizione negli Usa dei boss arrestati come deterrente sulla scia di quello che fece la Colombia. Una soluzione anche per sfoltire le carceri sovraffollate. Ma la modifica è stata respinta con il 51 per cento dei voti.

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