Non c’è pace per i crediti d’imposta. Dopo le frodi miliardarie che hanno riguardato il bonus facciate, quelli edilizi in generale, il 110% o ancora il credito d’imposta per l’Aiuto alla crescita economica delle imprese, più noto come Ace, nell’elenco delle agevolazioni fiscali utilizzate illecitamente si è ritagliato un posto anche il bonus vacanze, quello introdotto in piena pandemia dal governo Conte con il decreto rilancio per sostenere il settore turistico duramente colpito dai lockdown conseguenti al Covid. A far emergere la frode in questa calda estate dopo quattro anni è stato il Comando provinciale di Rimini.

Le contestazioni delle Fiamme Gialle

In pieno Ferragosto 2024, infatti, i Finanzieri del Comando Provinciale di Rimini hanno eseguito alcuni sequestri preventivi emessi dalla Procura della Repubblica di valori mobiliari e immobiliari per oltre un milione di euro. Il sequestro ha riguardato società che gestiscono sette note strutture alberghiere della riviera romagnola. Il sequestro ha riguardato, spiega una nota della Gdf, ingenti somme di denaro in contanti, orologi di lusso e gioielli. Dieci i soggetti indagati a vario titolo per associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Il bonus vacanze oggetto della frode

In campo sono scesi gli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, che con il supporto delle segnalazioni fornite dal Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie, hanno acquisto gli indizi delle vera e propria truffa ai danni dello Stato grazie all’uso indebito del credito d’imposta fino a 500 che generava dal contributo concesso alle famiglie numerose con Isee fino a 40mila euro per il pagamento di servizi e di pacchetti turistici offerti in Italia dalle imprese turistico ricettive, dalle agenzie di viaggi e tour operator nonché dagli agriturismi e dai bed & breakfast. Il contributo che, per altro, viaggiava sull’App IO.

Social network e banche dati per stanare gli illeciti

I finanzieri dall’indagine hanno fatto emergere, in ipotesi d’accusa, un articolato schema fraudolento che prevedeva il trasferimento dei “bonus vacanze” attraverso l’utilizzo delle diverse piattaforme social. I codici, così trasferiti, venivano “scaricati” dalle strutture alberghiere per soggiorni “fantasma” in realtà mai avvenuti ed utilizzati in compensazione delle imposte o cedute a fornitori come credito d’imposta. L’arma vincente è stata anche questa volta l’utilizzo della dorsale informatica della Gdf e l’incrocio dei dati. I tecnici hanno messo sotto controllo i social network così come i numerosi dettagli della funzionalità alberghiera andando persino a rilevare i flussi di energia elettrica erogati nelle singole strutture cosi da comprovarne la non operatività nei periodi in cui i bonus erano risultati “incassati”. Alcune strutture ricettive risultavano addirittura chiuse per effetto di provvedimenti coattivi emessi dai Comuni di Rimini e Riccione. La vastità delle ricostruzioni ha permesso di individuare oltre 2.800 bonus illecitamente ottenuti e connettere oltre 50 querele per truffa che erano state presentate in tutto il territorio nazionale.

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